31 dicembre 2010
30 dicembre 2010
BUONI PROPOSITI PER L'ANNO A VENIRE
La bici finalmente è pronta, ultimo sforzo (parafanghi) terminato oggi, ora dove si va?
Ovunque vogliate ma andiamoci insieme, AUGURI LOBOS, BUON DUEMILAUNDICI!!!
27 dicembre 2010
POTA CROSS
Ho preparato il manifesto a Rockville poi si fa il punto con Marcello per vedere cosa preparare per l'evento. |
24 dicembre 2010
22 dicembre 2010
BUON NATALE
La serie di garette fra amici denominata SingolCross inizia a mostrare un profilo inquietante: gli scenari apocalittici della bassa modenese fanno da quinta ad una rappresentazione psicorrorifica dell’espressione “garetta fra amici”.
Ma andiamo per ordine.
La location, come direbbero gli anglosassoni evoluti: una porzione di terreno stretta fra una tangenziale a nord un cimitero ad ovest, una ridente fucina di piastrelle ad est e a sud, forse a sud, ma potrei sbagliarmi un altrettanto ridente circolo per anziani intitolato ad Antonio Gramsci.
Ci sono tutti gli ingredienti per iniziare. Ah! dimenticavo un camioncino utilizzato come ostacolo: l’impavido ciclocrossista deve ardimentosamente entrare nella pancia del mezzo per uscirne, mondato e riflessivo, dal suo posteriore: la metafora peristaltica non richiede di essere ulteriormente approfondita.
Siamo tutti figli delle merci, la logistica è la nuova religione del millennio, e aggiungerei, sta finendo l’anno dell’amore, e di amore ne abbiamo visto poco durante la gara.
Ma procediamo con ordine.
Pronti via e spatapam, il ferino istinto prende il sopravvento.
Mi sto producendo in una imperiosa partenza, tutto sotto controllo, smadonno per agganciare il piede destro, ma pompo con vigore indomito, prima curva supero alcuni ciclisti, (dieci, forse venti o trenta, magari pure quaranta), si tratta di una garetta fra amici, mentre supero il centesimo ciclista alzo il dito medio, in segno di saluto amichevole, in segno di palese superiorità alzo entrambe le mani medio-munite.
Sono tutti, i duecento ciclisti, soggiogati dalla mia forza esplosiva, capiscono che sono il ciclista alfa della giornata: poi, all’arrivo, deciderò cosa fare dei loro testicoli, loro lo sanno.
Svanirà tutto nel breve attimo che precede la caduta.
Un energumeno peloso, abbigliato con una insensata casacca oversize di una qualche legione nordico polare aggredisce la curva con virile violenza, sbando allargo la traiettoria per evitare il contatto con il throll impazzito: è l’inizio della fine.
Allarga tu che mi allargo io, finisco avvinto alla fettuccia, il losco figuro peloso passa irridendo la mia virilità. Non ci bado ormai la laocontica tenzone è con la fetida banda colorata.
Sì perché nella concitazione della lotta, la bici, infido destriero si imbizzarrisce, ruota impazzita su se stessa e mi disarciona.
Mi rialzo, e cerco di ripartire, in lontananza vedo sfilare il gruppo, risate crasse ed oscene iniziano ad alzarsi all’orizzonte. E’ solo l’inizio.
Scopro che gli umani non hanno cuore ma le cose sì. La fettuccia, femmina per destino, si avvinghia al manubrio, più cerco di allontanarmene più ella si attorciglia. Passano minuti, forse ore, magari giorni, ma non c’è modo di districare il gordiano nodo. Sono dentro al cubo di Rubik, al labirinto di Knosso, perso nella foresta amazzonica, sperduto fra foreste pluviali.
Tento più volte di liberare il mezzo, ma inutilmente.
Provo a tirare, a strappare, alzo gli occhi e da lontano vedo lo sguardo attento di Carlo e capisco, pur se ha le labbra serrate, che mi sta dicendo: “non ti provare a strappare la mia fettuccia che ti spello vivo!”. Capisco, provo per altri infinti eoni e finalmente mi divincolo dalla fettuccia famelica. Ci sputo sopra alla fettuccia e in preda a panico furore la irroro con una colossale pisciata. Alzo gli occhi al cielo, come a guadare in faccia la divinità, urlo frasi sconnesse e risalgo sulla bicicletta ormai libera.
Riparto allegro e felice di non aver rotto la fettuccia e mi metto di buona lena a pedalare. Ma sono ignaro, so di non sapere, anzi non so di non sapere che l’orrore si paleserà pochi minuti dopo al controllo giri.
Passo e dimentico di dire il mio numero, una voce virile e possente mi disarticola le vertebre “il numero, che numero sei, devi dirmi li numero, se non mi dici il numero non ti conto il giro e ti spacco tutte le braccine e pure le rotule e anche il femore!”. Mi giro ed ho una visione: la signorina Trinciabue, vestita come le vallette procaci del DriveIn. Collasso, mi sciolgo sulla bici e con un filo di voce dico 33. Non faccio tempo a pronunciare le mediche cifre che mi arriva uno smataflone sul coppino, una schicchera portentosa. “Cerchi di fare il furbo, lo sò bene il tuo numero, non ci provare più, la prossima volta ti strappo le orecchie e mi ci faccio una collana per il capodanno al circolo Fratelli Cervi”.
Con un filo di voce dico. “ si padrona, sarò più buono la prossima volta”.
Riprendo a pedalare, ma ormai ho capito che si tratta di una gara per sopravvivere. Concludo il giro ed in prossimità del controllo mi assale il panico, rallento scendo dalla bici, faccio finta di nulla, cerco di darmi un contegno e mi avvio verso il bar del vicino centro volontari del soccorso, per chiedere soccorso, ovviamente!
Entro chiedo un caffè e mi slaccio il casco, sto per prendere la tazzina fumante, un dolore atroce al lobo destro mi immobilizza: “ah fetida caccaccia pusillanime, cercavi di farla franca…” capisco è lei la signorina Trinciabue.
No dico io, signorina Trinciabue, avevo bisogno di un caffettino, e poi volevo vedere i numeri del lotto sa, ieri sera ho giocato due euro ambo secco sulla ruota di Bologna. La signorina Trinciabue non ama il gioco d’azzardo. Il mio lobo destro ormai ha acquisito la dimensione dell’orecchio di Dumbo. Vengo trascinato nuovamente sul campo di gara, gettato sulla bicicletta e spinto via come uno straccio inutile. “Numero caccaccia pusillanime, che numero hai?”
Dodici! Come gli apostoli.
La voglia di pedalare si è molto fiaccata. Avanzo a fatica, ma il destino mi riporta al controllo. Accellero, cerco di dare tutto ma nel fare questa insensata azione, mi dimentico, sopraffatto dalla fatica, di dire il mio numero. Supero il controllo e non sento nessuna voce, vai è fatta mi dico, la signorina Trinciabue non si è accorta di me. Insisto nell’azione, mi allontano vieppiù sorrido serafico, toc toc, strano mi dico non ci sono porte, portoni, portali nei paraggi, toc toc, il dolore al costato si fa più forte, faccio per voltarmi e sento l’alito incandescente della signorina Trinciabue che mi fona i capelli. Incremento la cadenza, viaggio ormai sopra le 90 pedalate, come la paura, e lei la signorina Trinciabune mi si affianca, con il megafono in una mano e il foglio del controllo numeri nell’altra, cammina di buon passo, procediamo affiancati per decine di metri, io sempre più ansimante, lei tranquilla. “Allora caccaccia pusillanime, me lo vuoi dire il numero?”.
118 provo magari lo chiamano mi faccio ricoverare e finisce tutto, mi sedano per due settimane, magari.
113 magari la arrestano, penso.
Mi arriva una megafonata sul casco, sono totalmente rintronato, vedo chiaramente AlfaCentauri, Orione e pure gli anelli di Saturno, chiarissimi. Dodici, come gli apostoli. “Vai caccaccia pusillanime, vai e non ci provare più con me non attacca, ti strappo tutte le dita e ci gioco a shangai!”.
Vado.
Pedalo sempre più lentamente, ho paura, salto l’ultima barriera, mi attende il passaggio nel furgone e poi…la signorina Trinciabue.
La vedo rallento ancora l’andatura la vedo sempre più vicina, immensa, mi fermo, saluto con deferenza e cerco di intavolare un discorso.
Il sudore cola copioso da ogni poro.
“Salve, ma ci siamo già visti a qualche festa dell’unità, signorina?”
Sleng, il rumore osseo della mandibola che si flette mi fa vacillare.
“Io non vado alle feste dell’unità, caccaccia pusillanime…”.
Ho molto male alla mandibola, ma cerco di non svenire, mi concetnro su qualche immagine positiva, vedo in lontannza il muro che delimita il campo santo, immagino che presto verrò tumulato, un lungo corteo di bici tutte rigorosamente in acciaio, seguiranno il mio feretro, e Zullo sarà chiamato a pronunciare la solenne orazione funebre.
Mi perdo nei miei pensieri e arriva come un sibilo lo schiaffo del soldato, sento un clock, penso che l’articolazione della spalla sia uscita dalla sua sede.
“Me lo vuoi dire il numero, o devo triturati le ossa e ridurtele in polvere così sottile che la Elide e la Jole, le potrebbero utilizzare come cipria per la festa delle pesche nettarine”.
Dodici, come gli apostoli!
Ultimo giro passo, tutti si fermano e anch’io rallento. “Tu no caccaccia pusillanime, tu devi fare ancora 35 giri, caccaccia pusillanime.”
Provo a contrattare per 24, ma la signorina Trinciabue ha argomenti, non mi resta che proseguire.
Tutti si fermano e io giro.
Tutti ripongono le loro bici e io giro.
Ormai è buio continuo a girare ho paura non vedo più nulla ma sò che da qualche parte la signorina Trinciabue mi sta guardando.
Buon Natale, l’anno dell’amore va a chiudersi, è tempo di bilanci.
Buon Natale anche a lei signorina Trinciabue.
In lontananza intravedo il fumo biancastro che si leva lento e compatto da una ciminiera bianca, forse, penso perplesso la signorina Trinciabue sta preparando le crostate per la festa.
Buon Natale signorina Trinciabue.
21 dicembre 2010
Disperso
Questo l'ultimo avvistamento.
Qualcuno lo riporti in sella prima che sia troppo tardi! Lo stiamo perdendo! Compri, per dio!!!!
SECONDO VOI C'E' UN NESSO ?
Nel post di prima si parlava di gemelli, nascite, somiglianze ed altro, ma secondo voi i due eventi delle foto possono essere collegati ?
L'evento felice, il coronamento di un percorso
Dopo circa 8 anni patatrack (ma le ruote sono da 24" ?)
A EMA l'analisi del dilemma
20 dicembre 2010
19 dicembre 2010
XMAS CROSS
Volti Sorridenti oggi nonostante il freddo, inizialmente credevo si trattasse di paresi facciale dovuta alle temperature rigide, poi mi sono dovuto ricredere. Ma come si fa a godere dalla fatica?
18 dicembre 2010
15 dicembre 2010
CHRISTMAS CROSS
LOS LOBOS REPRESENT!!!
http://www.youtube.com/watch?v=2jdbYAL5iyw
Little video a friend put together this weekend. I don't know about the dub-step....but you know what it is!
Much love from New Mexico!
the sac
14 dicembre 2010
DONNE DI MILANO
Non sono milanese e spesso, parlo male di Milano, conoscendola poco (e questa non può essere una colpa), desiderando ancor meno di scoprirla (questa sicuramente potrebbe essere una colpa).
Mi sono imbattuto, non per caso ovviamente, insensibile forse, ma molto curioso, in un testo scritto da due autori; Gianni Biondillo milanese doc e Michele Monina, adottato dalla città tentacolare da circa 15 anni, originario di Ancona.
Bene provo ad emerndare una parte delle cosacce brutte utilizzando le parole di Biondillo.
Dio mi perdoni per quel che sto facendo.
"La bellezza delle milanesi, di tutte le milanesi, mi mozza il fiato. C'è stata come una lunga selezione naturale in questa città, che ha mischiato il sangue, il colore della pelle, degli occhi, dei capelli, ed ha aggiustato il profilo del volto, della curva della schiena, lo spiccato delle gambe.
Le donne di Milano sono bellissime.
Ma questo non basterebbe sono eleganti. Forse le più eleganti d'Italia. (...) L'eleganza milanese non è mai strombazzata ai quattro venti, non ha nulla a che fare con un certo fighettismo di provincia che puoi trovare identico a MOdena, a Brescia, a Treviso, così come a Perugia, a Latina, a Catania. Le milanesi (lo so, le categoie non esistono e quindi qui sto banalmente generalizzando, ma cercate di seguire il mio ragionamento) non vestono uniformi griffate, non ostentano fondotinta o ombretti aggressivi. Credo abbia a che fare con qualcosa di profondo che unisce la praticità di chi lavora (e le donne di Milano, per numero e consuetudine, lavorano più che in altri posti d'Italia) con la tradizione tutta meneghina dell'humilitas borromanica".
Biondillo-Monina, Tangenziali, Guanda Editore
12 dicembre 2010
MONTAGNETTA
La seconda prova del circuito singolcross ha avuto luogo nella ridente location metropolitana del Montestella, la montagnetta che gli alacri milanesi, sotto la guida dell'architetto Bottoni, hanno costruito alla fine degli anni quaranta con i detriti dei palazzi distrutti dalla guerra. Il nome è Stella, Montestella, in onore della moglie dell'architetto.
Fa impressione pedalare in un posto del genere.
La montagnetta svetta incerta su di un panorama che solo la notte fredda e buia rende meno inquietante.
Più di cinquanta persone si sono date appuntamento per cimentarsi su di un percorso piuttosto infido che ha lasciato sui corpi dei valorosi bikers non pochi segni.
La montagnetta al calar delle tenebre diventa il luogo ideale per incontri mercenari.
Il primo lo faccio durante la fase di riscaldamento che ogni volta mi riprometto di fare e che mai porto a conclusione.
Pare che prima di uno sforzo intenso e breve sia buona norma mandare qualche segnale fraterno al proprio corpo. Condizionarlo allo sforzo, portare in temperatura le miofibrille, sollecitare il cuore, invitarlo a predisporsi ad un surplus di lavoro: serale ed inconsueto.
Bene mentre mi stò accingendo a fare tutto questo una giovane donna intenta a passeggiare fiduciosa sul suo pezzo di marciapiede mi interroga curiosa: "ma c'è una gara questa sera? Ma vi pagano?". No rispondo, si tratta di un ritrovo di amici, lei mi scruta perplessa aggiustandosi il giubbotto troppo piccolo per il suo corpo, insiste curiosa: "Ma il primo che arriva vince dei soldi?".
Rido con lei, che ormai ha capito la situazione, e aggiungo che lo facciamo per divertirci non ci sono soldi in palio, annuisce, ci salutiamo mi augura buona fortuna e riprende la sua attesa.
Mi sono ormai dimenticato del programmino di riscaldamento, mi dirigo pensieroso verso la partenza.
Il percorso è piuttosto vario salite discese e vialetti in piano. Le salite sono salite, la prima su terra è molto bella, breve, ma secca, si impenna verso la fine, totalmente al buio. A pochi metri dal valico un fetido scalino. In fase esplorativa vedo lo scalino, mi preparo per saltarlo, salgo sui pedali e sblang, staffilata di ramo in faccia.
Scendo dalla bici e mi dedico ad una intensa fase di potatura autarchica: si tratta di un ramo secco, lo estirpo e proseguo.
A mio parere il pezzo più bello del percorso: esaurita la salita senza soluzione di continuità ci si butta in discesa, dolce curva a destra su brecciolino piuttosto stabile, breve tratto in piano curva secca a destra in salita poi nuovo tratto in falso piano, più falso che piano. Transito nella zona arrivo.
Si prosegue la salita e poi giù a rotta di collo. Ecco la discesa, orpo, piena di pericoli di ogni sorta. Foglie secche che nascondono pietre, banchi di giaia mobile: se ci entri male o cadi o vieni assorbito dalla massa pietrosa come nei fumetti di Zagor,quando l'incauto di turno si trovava inghiottito fino alla cintola dall'infida sabbia mobile. Uguale solo che al posto della sabbia sulla montagnetta ci sono le pietruzze.
I primi giri sono un calvario, mille salite mille, ma la ghiaia in discesa no! La bici pare un cavallo imbizzarrito, va dove vuole lei: non è vero che si tratta di oggetto inanimato; date certe condizioni la bicicletta ha una sua vita, e la tua vita dipende dalla sua. Bisogna portare rispetto a questo impeto autarchico ogni tentativo di contrastarlo porta ad una sicura e rovinosa caduta.
Ma non ci si può distrarre, a metà gara sbuca come un fantasma un giovane strano vestito, in un attimo lo guardo e cerco di intavolare un dialogo del tipo, ok tu sei qua io sono qua, tu stai andando là io invece vado là, passo a destra tu prosegui dritto verso la tua sinistra, vero?
Ma si tratta di un dialogo silenzioso, le parole non escono e l'impatto viene evitato per pochi centimetri.
Sto quasi per mandarlo allegramente al diavolo, ma mi trattengo.
Sono io l'intruso, mi sento in una condizione di minorità: lui sta lì a lavorare, immota attesa di oscene proposte, io invece, quasi immoto (il mio ritmo di gara è prossimo al surplace) sono l'alieno, che sfidando il freddo e la notte buia pensa di usare la montagnetta come un circuito di formula uno. Mi sembra irrispettosa e oscena la mia posizione.
Per un paio di giri mi tiene compagnia l'immagine del volto bianco e scarno del ragazzo, nascosto artatamente da un ciuffo nero che lo rende simile ad un personaggio di Tim Burton. Ma non siamo al cinema, è tutto vero: è questo che mi disturba della montagnetta. Il disturbo nasce dalla contiguità di due esperienze che usualmente sono, almeno nella mia mente molto distinte.
Il piacere di pedalare da una parte e il degrado tipico della metropoli tentacolare dall'altra.
Lo scorso anno ricordo i cartoni stesi a terra da un gruppo di clochard, le loro poche cose, il fornelletto per il caffé i cartoni di vino, e noi allegri e fradici sotto la pioggia intenti a fare i nostri giri di campo.
Il contrasto diventa stridente, non ci si può nascondere: mondi alieni si sfiorano senza parlarsi ci si guarda da opposte rive e ci si scansa.
La montagnetta è anche questo, uno sbatterti in faccia senza troppo ritegno alcune brutture della vita.
La montagnetta è reale.
La mente organizzatrice della serata è racchiusa a stento nel corpo febbrile di PiGi. Orpo ogni volta che lo vedo sento che il mio essere viene attraversato da un flusso di elettroni imbizzarriti. Scendo dal furgone lo saluto e vedo che è intento a tambarare con una borraccia, apre un tubetto prende una pastiglia e la butta nell'acqua. Orpo si tratta di caffeina mi dice, ma dico io fra me, senza dirlo a voce alta, ma un caffè al bar come diocomanda no! Diavolo di un abitate metropolitano...sei già dotato di una quota non comune di eccitazione, devi pure incrementarla con la pasticca di caffeina, penso e intanto mi sbocconcello un pezzo di focaccia comprata nel ridente mercatino della montagnetta, si perché alla montagnetta c'è anche un mercatino triste come il crollo di una diga.
La gara mi regala altre esperienze liminali: son lì che arranco faticosamente e sento che i cespugli intorno a me mormorano, paiono vivi, al loro interno accadono cose inenarrabili. Intravedo bocche fallofoghe, culi pelosi, arti aggrovigliati, penso, la mamma me lo diceva sempre da piccolo "non prendere nulla dagli sconosciuti!", forse la focaccia conteneva oppio, ketanima, trementina, granitina, candeggina, sai siamo a Milano, la città tentacolare, penso, metti che oltre alla farina, al lievito e al sale, nella focaccia ci mettono pure la ketamina, metti. Ho delle visioni, la terra intorno a me sussulta pare viva...
La montagnetta è reale.
In lontananza vedo una scia di luce, ecco ci sono, ho mangiato troppa focaccia, ecco, ora mi apparirà il buon dio per accompagnarmi all'inferno, girone dei lussuriosi. Aguzzo la vista si tratta di PiGi, la caffeina sta producendo il suo effetto, la luce si perde assorbita da una nuvola di fumo sempre più denso dal vago sentore di moka.
Inizio a dare i numeri, passo al primo giro e non dico nulla al secondo 12 il mio, al terzo giro 69, così di getto, forse la contaminazione del luogo sta iniziando ad agire dentro di me, quarto giro, 1239, al quinto giro do il mio codice fiscale sbagliato al giro successivo lascio la partia iva, sono molte cifre, mi confondo, la ripeto più volte ma non riesco mai ad arrivare alla fine, allora opto per il codice PIN, al successivo passaggio urlo il codice PUK, sempre più stanco procedo, ormai mi sembra di aver percorso centinaia di giri. Chiedo ad una signorina del luogo di aiutarmi, mi scrive sulla mano un numero di telefono, do pure quello, appena finito di urlarlo, molti fra i presenti si affrettano a digitarlo sul loro palmare. Non capisco ma proseguo.
Provo la cifra esatta del debito pubblico (orami ho capito che la mia gara finirà quando saprò dire il numero giusto). No mi dicono, riprova al prossimo giro. Ma quanti ne mancano? Tanti pedala pelandrone!!! E io pedalo e pedalo, sono sempre più affranto, da un cespuglio ubertoso salta fuori Tremonti mi si para davanti alla bici, punta l'indice della mano destra verso i miei occhi ed inizia ad inveire: "l'hai pagato l'acconto, povca puttana povca, l'hai pagato l'acconto, lo so io che non lo hai ancora pagato, povca puttana, l'acconto lo devi versare, lunedì controllo, te fa faccio passave io la voglia di fave il cazzone il sabato seva!!!". Sono tramortito pensavo che l'ircocervo fosse stato definitivamente sepolto dal fango di Rockville....
Continuo a girare e a dare i numeri, ormai non c'è più nessuno, io proseguo fiducioso... prima o poi il numero giusto riuscirò a dirlo...prima o poi!
La Montagnetta è reale.
10 dicembre 2010
09 dicembre 2010
PAESE CHE VAI USANZA CHE TROVI
Articolo tratto dal Corriere della Sera
Prostituzione alla montagnetta di San Siro (foto Procopio)MILANO - Si chiama jogging-love. I protagonisti? Giovani con la fissa del «sempre in forma» e uomini di mezza età che desiderano asciugare la pancetta. Alla montagnetta di San Siro è un rincorrersi all’interno del polmone verde. Uno, due, tre giri, sgambettando. Poi, quando i battiti cardiaci saltano in gola, qualcuno sparisce. Si infratta. Ma non da solo: ad attenderlo ci sono Marinela, Adalia, Catalina, Georgia. Insomma, per le «lucciole» della zona, tutte romene e giovanissime, questo jogging-love è un vero business. E chi lo pratica, magari dice a casa che la corsetta fa bene al fisico e alla mente. Tra le più gettonate Marinela, 22 anni, di Urseni, non lontano da Timisoara. «Corrono e poi si fermano da me, anche quelli con il pancione». Si concorda sul prezzo e quindi ci si addentra di una decina di metri, dietro a un cespuglio non lontano dalla strada principale. «Noi romene siamo economiche. Con 30 euro fai tutto e nessuno va via scontento. Anzi, ritorna in famiglia a passo veloce».
Marinela ha due grandi occhi azzurri e un lauto decolleté. E’ appena tornata al suo posto di lavoro, dopo una notte trascorsa in questura, insieme con altre 15 connazionali. «Una retata della polizia. Ci tengono dentro e con la scusa di controllare i documenti, ci fanno perdere il guadagno. Ma poi devono lasciarci andare perché siamo comunitarie». E’ ritornata al suo posto, vicino alla barra di ferro e al grande olmo potato dal Comune per evitare che muoia. Non lontano dai bagni pubblici. «Alcuni - continua la giovane - preferiscono fare l’amore nei servizi, dicono che si sentono più sicuri. A me non cambia molto, sono sempre 30 euro». Poi racconta di sé e di quando, 4 anni fa, è venuta in Italia «per fare soldi». «Nessuno mi ha obbligato, è stata una mia libera scelta. Anche le mie amiche hanno fatto la stessa cosa. Del resto se ci fosse un balordo che intende sfruttarci, basta chiedere a un cliente di portarci al primo commissariato e denunciare». E aggiunge quasi con un pizzico di orgoglio: «Qui nessuno ti fa niente. Se prendi una multa, non la paghi, perché è difficile farcela recapitare. E nessuno va in galera se fa la prostituta».
Ma la tua famiglia sa? «No, certo che non sa. Ho aspettato di compiere 18 anni e poi ho detto: mamma vado in Italia a rubare. Tutti i romeni rubano. E mia madre mi ha dato la sua benedizione». Walter, 26 anni, felpa e calzoncini, interrompe la discussione. «Viene con me ogni volta che fa jogging, almeno un paio di volte alla settimana. A lui piace, dice che è come fare il defaticamento, lo rilassa». Ma come Walter ce ne sono tanti. Otto su dieci sono maratoneti del sesso. «Corrono e f…, come dicono loro». Dieci clienti al giorno per 30 euro. «Qualcuno di quelli normali ci chiede anche di andare in albergo. Nessun problema: a 10 minuti da qui, con l’auto, andiamo in un alberguccio di via Washington che costa solo 20 euro per un passaggio. Io, però, in hotel prendo 40 euro». E fa i conti ad alta voce: «Io guadagno 300, 400 euro al giorno. Diciamo che al mese metto in tasca 6, 7 mila euro. Mille vanno per la spesa e altre cosucce, 300 per l’affitto della casa che divido con altre tre colleghe romene, il resto lo mando ai miei per farli star bene e per pagare i muratori che mi stanno costruendo una nuova casa. Sarà pronta tra sei mesi: bella, grande, spaziosa, con un immenso giardino. Mia mamma è orgogliosa di sua figlia. Ladra, ma non puttana...».
Michele Focarete
06 dicembre 2010
Santo Subito!
Stampatevi anche voi l'immaginetta di Dario Pegoretti |
05 dicembre 2010
03 dicembre 2010
Emaaaaaa.... Pensaci bene prima di acquistare la Paul!
la signorina consiglia altro...
Carletto ti abbiamo beccato! Questa è amica tua
Credits: le immagini vengono da qua http://www.cyclepassion.com/product_info.php?info=p45_CYCLEPASSION-CALENDAR-2011.html