Come alternativa a costo ZERO alla Surly Big Dummy:
Bici --> Una qualsiasi
Carrello --> un po' di abilità al GS sottocasa
Assemblaggio --> Due giri di filo di ferro
COSA SI PUO' VOLERE DI PIU' ???
30 aprile 2008
THE SPIEDO WISH
RITORNIAMO AD UN SANO INTERESSE CICLISTICO
Un po' di fissa fa sempre bene, purchè a piccole dosi, mediamente una al giorno
http://www.fyxomatosis.com/gallery.php?gal=4#11
Consiglio ai ragazzi della Stazione delle biciclette di pubblicizzare la loro 666 attingendo soggetti e panorami nel quadrilatero Montenapoleone / Spiga / S.Andrea / Manzoni
SALUD !!!
28 aprile 2008
24 aprile 2008
MODENA
MODENA (marzo 2008)
Dove eravamo rimasti?
Villarocca, una fredda domenica di gennaio, immersi nella nebbiolina lanugginosa della bassa cremonese gambe sotto al tavolo, stomaci in subbuglio nell’ assaporare uno dei cotechini più buoni del mondo.
Ma ve la devo raccontare questa domenica di inizio marzo, di quasi primavera, con la neve che copre le colline modensi e le solite gambe sotto al tavolo, ma questa volta non è più la piatta campangna lombarda a fare da location: sono le colline dolci e perfide che invitano le gambe a pestare con vigore su magnifiche e sempre più esoteriche guarniture.
Guarniture? Ma cosa dici, Umile Cronista, di quale guarniture stai parlando.
Dovete seguirmi e ve lo svelerò. Si tratta di cibo non commestibile, ma ora ve lo devo spiegare bene, perché pure io possa comprendere l’arcano che collega il legno del tavolo, il metallo prezioso, e il lardo aromatizzato. Tutto si lega, un battito d’ali di una farfalla a New York può provocare un terremoto in Giappone.
Domenica mattina, ore 6,45 suona la sveglia; sta iniziando una domenica da ricordare, o forse è solo il battito d’ali di un qualche volatile che produrrà l’ennesima esperienza al limite del paranormale?
Domenica mattina presto, la città di Cremona si presenta spettrale e vuota. Vuota di rumori e di persone, due bipedi però già armeggiano per prepararsi: Spiedo e l’Umile Cronista.
Dove stanno andano di domenica mattina? Ad incontrare altre persone ovviamente!
Il punto di confluenza è il ridente parcheggio del casello dell’A21. Il quintetto base di cui l’umile vosto cronista si fregia di partecipare si compone di 5 umani ma questo è solo un accidente, le protagoniste del ritrovo sono le biciclette che stanche di poltrire in cantine umide e fredde hanno deciso di apparecchiarsi un rendez-vous. E che biciclette. Sono cinque favolose singlespeed, per dirla all’italiana delle bicilette monomarcia. Nell’era dei computer anche per controllare la temperatura della cuccia del cane, loro i cinque umani si ostinano a consierare la bicicletta per quello che è: un telaio, due ruote due freni un manubiro pedali due una catena e due semplici rapporti che hanno il compito di trasformare un movimento stantuffante in un moto lineare e possibilemente continuo. Niente cambio insomma: ti devi gestire mi dicono; hai voluto la bicicletta ed ora pedalala.
Sono belle le singlespeed. Si tratta di un ritorno alle origini, che le origini rifiuterebbero con uno scaracchio bituminoso. Vi ho già parlato di mio nonno. Bene lui era un uomo del secolo scorso, classe 1909: guerra in Africa, fratello morto sul Don, la devastazione della seconda guerra modiale, e poi la fame, l’emigrazione per camparsi la vita, insomma il percorso che in milioni di umani a quei tempi in tutta Europa fecero per provare a vivere. Bene, nei racconti del nonno si parlava anche di fame, quella vera, quella che non puoi rimandare al giorno dopo sapendo che poi la sazi, e si parlava di pane, pane nero a basso contenuto di farina, ecco io provavo, nel mio periodo salutista a spiegargli che il pane integrale conteneva tutto un ben di dio e che lo si doveva preferire a quello bianco. Lui mi ascoltava e poi scuoteva la testa. Ecco sono certo che le singlespeed sarebbero guardate dai pionieri ciclopedalatori con sospetto, come un lusso esoterico di una stirpe ormai contaminata e forse perduta.
Ma siccome non possiamo verificarlo non ci resta che riconoscere che una singlespeed è bella di una sua bellezza pura e semplice, una bellezza che recupera l’essenza della pedalata: una bici a misura d’umano.
Ma i cinque umani di cui sopra lo sono?
A prima vista la risposta è affermativa, ma…c’è un ma che va considerato. Per riconoscere un umano serve un termine di paragone. Se voi vedete al bar un essere con pelle verde tre occhi e due antenne al posto delle orecchie allora potere dire si effettimanete il tipo non sembra umano. Ebbe a me è successo di riconsiderare l’umanità, la mia e quella dei miei compagni.
Questa riconsiderazione categoriale si è compiuta poco dopo le 9 al casello di Modena sud, si perché i cinque hanno appuntamento con un’altra persona, anzi due (vedremo poi che le cose non sono così semplici) per poi dirigersi al punto di ritrovo finale nel quale scopriranno che un settimo umano indigeno, dal nickname inquietante, Tarantola, li aspettava per iniziare un’allegra pedalata nelle ridenti (ridenti un cazzo dirà poi il cronista sempre umile) colline modenesi.
Bene dove eravamo rimasti, ah si al casello di Modena Sud. Mentre aspettiamo l’amico americano in arrivo da Vicenza vediamo arrivarre Antonio dall’Oltre Po Pavese.
Immaginate la scena. Cinque umani che girano intorno ad un furgone carico di biciclette alle 9 del mattino di domenica, arriva un sesto ciclopedalatore saluti di rito, e poi da una sacca, del nuovo arrivato, esce una mela a breve ci verrà chiesto se gradiamo delle cose rosa gommose da mettere in bocca: orpo pensa il cronista, oggi la giornata si fa pesa.
La risposta è unanime: te le mangi te le cose rosa gommose da mettere in bocca. Questo è quello che il cronista si sente di raccontare, ma dovete sapere che i cinque uomini hanno anche una dignità, e se uno, per quanto conosciuto e amico, la domenica mattina alle 9 gli vuole offrire una cosa gommosa rosa da mettere in bocca scatta immediato il riflesso condizionato, si tratta di mettere in chiaro la propria virilità per se stessi e per il proprio rango nel gruppo. Vi lascio immaginare, oh salaci lettori, i commenti con cui l’offerta è stata rispedita al mittente.
Ma siamo solo all’inizio, dobbiamo ancora salire e scendere varie colline, fronteggiare salumi e grassi vari, addentrarci in soffitte favolose e soprattutto scoprire che quello che a Villarocca era stato inquadrato come un femomeno allucinatorio ora si ripresenta.
Bene si aspetta l’amico americano che si materializza con una macchina tedesca, primo segnale di disorientamento concettule. Scende dalla macchina ed il cronista viene riportato indietro di due mesi. Allora esiste, Terrence Bollea al secolo Hulk Hogan “The Incredible” è ancora fra noi. Ora si fa chiamare Ed e dice di vivere a Vicenza felicemente coniugato con un medico di stanza alla base americana. Ma all’umile cronista pare chiaro che si tratta solo di una copertura. Questo pensiero non lo comunica a nessuno voi siete i primi a cui l’Umile Cronista lo dice.
Ed, chiamiamolo così per non complicarci la vita, ma voi sapete che si tratta di Hulk Hogan “The Incredible” si presenta all’appuntamento. Sarà una giornata speciale.
I baldi lombardi più l’amico americano si ritrovano in un parcheggio pre collinare. Che cosa fanno uomini adulti alle 9,30 di una domenica mattina di inizo marzo: si spogliano per abbigliarsi in modi più acconci per prepararsi alla scorribanda ciclopedalatoria.
Voi direte: embèèèèhhhh. L’Umile Cronista deve aggiungere che il parcheggio confina con un parco pubblico che per sua natura è stato pensato per accogliere famigliole e figliolalza in età pre-pubere. Ora ci si potrebbe domandare se il fatto che alcuni uomini in età matura si aggirino per parcheggi in abiti adamitici possa essere ravvisabile come un oltraggio al comune senso del pudore? Chiediamocelo.
Nessuno pare esserselo chiesto. E vi dirò dipiù, al ritorno, i rudi uomini ciclopedalatori, memori degli interdetti materni (ti sei lavato? Sotto le unghie tieni una morchia tanta, vai subito a fare la doccia puzzi come un facocero in calore!) che mai si dimenticano, si laveranno ognuno secondo la propria consuetudine: chi pudicamente alla fontanella, chi invece più allegramente innondandosi con taniche portate, all’uopo, da casa, piene di limpida e virginale acqua del sacro fiume Po che tutti ci monda e netta (pare che l’acqua portata da casa sia stata pure riscaldata per rendere meno traumatica la singolare doccia. Quest’ulitmo particolare ha dato modo a Marcello, virile ciclopedalatore unno-bresciano di scatenare un diluvio di improperi alla volta del basso-padano) Questo è successo e questo va detto. Pare che il Corriere di Modena abbia segnalato il fatto e che sia in corso una petizione popolare per dotare il parcheggio di comode docce, e centro ristoro. Il ciclopedalatore in periodo di elezioni è comunque un potenziale votante che non va assolutamente trascurato ma la quiete domestica del pargolo modense va ben tutelata, orpo di un’orponero.
La truppa è pronta l’Umile Cronista scruta con attenzione l’amico americano; forse si metterà il costume di Hulk o magari quello di Thor il dio del tuono figlio di Odino. No nulla di tutto questo, sfoggerà una maglietta in lana di foggia antica, quella che si usava il secolo scorso quando la biciletta correva solo su lindi nastri d’asfalto.
Gli altri europei per loro natura più attenti al look hanno sfoggiato vezzose misè da pedalata en plein air. Per la cronaca l’umile cronista vestiva un paio di bermuda con protezione scroto perineale di marca: NO FEAR. Tutto un programma. Di lì a poco la paura si attorciglierà ai glutei asfittici. Si perché il pronti via si parte mette a nudo una semplice quanto ineludibile verità: la salita è dura.
Si perché per una insopprimibile legge altimetrica dalla pianura alla collina ci si va salendo, solo che l’erta si mostra subito selettiva. Il gruppo angloitaliano si muove compatto e spensierato: chi parla, chi si aggiusta sulla bici, chi scatta foto, ma lei arriva ripida e rapida. Il gruppo si sfilaccia, la frenquenza cardiaca sale rapidamente oltre soglia e conseguentemente la pedalata raggiunge frequenze con cadenze geologiche.
L’idea era quella di assaporare un singletrack, ma il tempo impazzito, ha fatto cadere neve e pioggia in abbondanza. Risultato strade impraticabili. La sgambata si muoverà su vil asfalto…Ma qui l’Umile Cronista deve segnalare un fatto increscioso che mette in risalto i tratti sadici del gruppetto. Arrivati in cima ad una salitella non propriamente pedalabile alcuni spingono per scendere verso Castelvetro di Modena per campi e sentieri. Vai tu, no non ci penso neanche ma dai si potrebbe…In questo caso il gruppo tentenna, ma eleva la pressione e da lì a poco la vittima sacrificale emerge senza che si sia dovuta applicare alcuna coercizione esplicita: vado a vedere io…si bravo vai a vedere, il generoso Lobos si butta per un sentierino e viene inglobato dal fango: sparisce alla vista del gruppo. Non è un’immagine letteraria: semplicemente il fango delle colline modenesi non è inerte, ma ha una sua vita, incontra una bicicletta e ci si attacca come mucillagine carogna e la ingloba, poi aspetta che il sole lo secchi e la bici con il suo cavaliere è pronta per piastrellare il bagno padronale di qualche riccone russo. Pochi metri e il poveretto ormai annaspa. Il gruppo consuma la sua tribale vendetta: ciaooooooooo ci vediamo dopo!
L’allegra combriccola si dirige senza indugio, via lindo asclato bitumminoso, all’agriturismo San Polo di Castelvetro Modenese. L’Umile Cronista a questo punto capisce che il sospetto non ha ragion d’esistere: la levataccia, il casello, le singlespeed, le salite e quant’altro sono tutti miseri pretesti per autorizzarsi ad un pranzo che ad occhio e croce dovrebbe aggirarsi fra le 4/5 mila calorie. Quelle che pare abbia ingurgitato Cancellara per vincere la Milano-Sanremo.
Alcune suggestioni per attivare i succhi gastrici del lettore golosone: tagliatelle con ragù in quantità esuberante, lardo aromatizzato, tigelle salumi vari e un parmigiano reggiano da ovazione. Lambrusco Graspa Rossa Bio (fra i migliori che l’Umile Cornista abbia libato), e per il senso di colpa pinzimonio con tenere verdure del campo anch’esse biologiche. Tripudio di dolci, caffè e ammazzacaffè. Il gruppo di ciclopedalatori assomiglia ad un branco (che in natura non esiste) di anaconde dopo il rituale pasto annuale: occhio ceruleo, ventrazza tesa oltre ogni limite e tasso alcolico non rilevabile. Solo un dato per mostrare il senso di totale abbandono e disorientamento post-prandiale. Si va tutti allegri a pagare, ognuno caccia il suo e alla fine felici come pasque ci si accorge che ci sono decine di euro in più! Ha dell’incredibile, ma siamo nel regno delle fate e tutto può accadere.
La compagnia saluta Ed e il Cronista pieno come una cucuzza sente. “adesso tutti in soffitta dal Liutaio”. Ecco ci siamo pensa il Cronista Intasato, l’esagerazione eno-gastronimica inizia a manifestarsi con l’insalata di parole.
E invece no. La soffitta esiste e il Liutaio pure; ma non costruisce violini ovviamente.
L’Umile e Costipato Cronista non pensa di poter descrivere la soffitta, ma proverà a raccontarvi alcune emozini che ha visto balenare nei corpi sfatti dell’allegra combriccola.
La soffitta è la parte alta di una casa in genere un sottotetto e fin qui ci siamo. La soffitta del Liutaio non si discosta dalle altre soffitte.
Saliamo con una certa fatica e veniamo immersi in un mondo archetipale. Nella soffita ci sono molte biciclette, alcune pronte altre in via di sistemazione alcune smenbrate. E poi ci sono migliaia di pezzi di vario tipo e qui l’Umile Cronista Costipato capisce che una guarnitura (non è un inutile orpello culinario frutto della mente putrida di uno chef narcisista) può generare in una mente obnubilata da cibo ed alcool, fenomeni paranormali. Le mani si protendono verso l’oggetto del desiderio gli sguardi si fanno acuti, il respiro prima si ferma e poi riprende rantolante. L’Umile Cronista raccoglie lacerti di discorso; pare che sia un modello unico dalla filosofia esoteria, si parla di fili elettrici (e apr di vederlo un vermicellino nero che penzola dal metallo, e di cambiate automatiche…è troppo per la mente del narratore, che viene sopraffatta e più non può favellar.
La salivazione si riduce le pupille si spalancano. Sono tutti i segni di uno stato di eccitazione. Ma la situazione più commuovente vede protagonista Marcello. Fra i primi entra nella soffita e rimane folgorato da una bicicletta. Come si mostra la folgorazione: inizia a parlare con la bicicletta è normale, no, lo fa cn natiralezza estrema. Inizia a dirle che l’ha sempre desiderata, che per anni è stata al vertice dei suoi desideri, che quando fu messa in commercio per notti e notti non ha pensato che ha lei. Lei la Specialized Rossa muta e fredda come l’acciaio ascolta, ma lui imperterrito ha continuato a parlarle, senza mai toccarla, non osando violare la sua casta purezza. Il fatto curioso è che gli altri annuivano compartecipi del sentimento di Marcello. Ognuno ha iniziato a parlare con le bicilette amate, alcuni, pure con parti di esse.
Voi non potete immaginare le emozioni che può scatenare una forcella in kriptonite trovata su e-bay da un venditore malgascio pagata 13 dollari. Certe esperienze vanno provate e l’Umile Cronista può dire di aver partecipato ad un culto misterico nella soffitta del Liutaio. Ma Lui chi è? Non è dato sapere al Cronista la storia del Liutaio ma certo è che quello che vi era stato raccontato circa la Tana del Divino Demiurgo va annoverato fra i fenomeni di tono minore; il Liutaio è il Motore Che Tutto Muove. Vi avevo raccontato della Tana dicendovi che Spiedo ha lo shining bicicliclo, ebbene, il Liutaio è lo shining biciclico
Di qualsiasi pezzo può dire data di costruzione, composizione chimica, peso, nome tecnico con relativo codice alfanumerico, e di molti addirittura può riferire la misura del reggiseno della moglie del progettista. Non di tutti perché pare che anche fra i progettisti o meglio fra le mogli di alcuni di essi dopo ripetute plastiche non sia più possibile dichiarare con sicurezza la misura originale: in tal caso il Liutaio preferisce astenersi dal nominare un dato che non sia assolutamente incontrovertibile.
Il Liutaio mostra un amore per le biciclette che supera la dedizione che Bondi mostra per il Cavaliere. Voi potete chiedergli qualsiasi cosa e lui con gentile naturalezza vi porterà nel suo mondo fatto di sigle, nomi spesso inglesi, modelli, anni di produzione, date, luoghi e quant’altro.
Alcuni iniziano a farugliare cifre, mostrare assegni, impegnare capitali fantasticare assemblamenti minotaurici, ma lui imperterrito continua a sussurrare paroli dolci alla sua Specialized Rossa. Sarà portato fuori a forza, ma per ore farneticherà dipingendo scenari alpini dove lui e la Specialized Rossa potrebbero accoppiarsi con reciproca soddisfazione.
…ma a questo punto l’Umile Cronista deve chiudere il resoconto di una giornata lasciando ognuno alle sue occupazioni ma avendo maturato la convinzione che le biciclette non sono solo pezzi di metallo ma oggetti d’amore…
A questo punto non rimane che mettere fuori i nomi e i cognomi delle protagoniste:
Autarchica 96’r SS
Kona Unit 29
Singular Swift
Dean Colonel 29
LosLobos Cycles SS
OnOne Imbred SS
OnONe Imbred 29 SS
22 aprile 2008
VENTIQUATTRO ORE
Il resoconto della 6 ore sarà lungo e quindi ho pensato di suddividerlo in agili capitoletti, per ora ne ho pensati alcuni:
1) PRE-GARA
2) IL PACCO GARA
3) THE RACE
4) BODY AND MIND
IL PRE-GARA
Sveglia all’alba e meticolosa preparazione: pulizie di casa ovviamente è sabato e certe routine non vanno abbandonate. Verso le 10,30 mando un sms a Spiedo: “quando ci si vede al Po? Io ho appena finito le pulizie e sono in leggero affanno!” Pochi attimi e capisco che sono in ritardo.
Mi preparo una pastasciutta sotto l’occhio perplesso di mia figlia che mi ripete più volte che la pasta non si mangia al mattino, ma visto che proseguo nell’operazione si unisce festosa all’evento e pure lei si mangia le sue conchiglie olio e parmigiano.
La vestizione è il momento topico della giornata, indossare la maglia dei Los Lobos, la mia prima maglia da ATLETA UCI, altera in modo irreversibile il mio metabolismo basale.
Arrivo al campo di gara e mi rendo conto che c’è gente che si è già fatta decine di giri del percorso, il testosterone impregna l’aria più dei miasmi fetidi della vicina raffineria.
Mi sento estraneo a cotanta fatica, poi raggiungo il Lobos Village e mi rendo conto che lì si sta vivendo un’altra dimensione.
Appena entro vedo capisco che i Lobos approcciano la competizione su di un altro terreno.
In una sacca blu giace una bicicletta che verrà montata in ogni sua parte pochi minuti prima della partenza il suo legittimo proprietario sta comodamente seduto in attesa del momento: lo stile è quello del surfista che aspetta l’onda vagamente infastidito da tutto il clamore inutile e rutilante che lo attornia.
Scambio qualche parola con Ghido che ribadisce il suo approccio, motard, alla 6 ore: giro di lancio, giro a manetta e poi riposo; da come ammicca pronunciando la parola riposo capisco che l’approccio non è testosteronico. Il modello in questo caso è Valentino Rossi. Ascolto perplesso e distante; il mio approccio è quello ebraico sacrificale: si deve attraversare il deserto, durerà sei ore BISOGNA arrivare dall’altra parte: non si discute.
Anni di scuole cattoliche votate al sacrificio e alla cultura della sofferenza hanno devastato irrimediabilmente il mio fragile equilibrio.
Penserò molto ai due modelli nel corso della gara non trovando la terza via, o meglio trovandola ma riconoscendo che per me non è praticabile: partire a manetta, girare per sei ore a manetta e poi fermarsi stanco e soddisfatto.
Vedo Bob che, con grande generosità, da una mano a sistemare le ultime regolazioni alle biciclette.
Marcello prima di vederlo lo sento: non capisco le parole ma so che sta “smadonnando all’indirizzo di qualcuno” poi lo vedo sparire nella tenda e ricomparire con la sua mise preferita: maglia dei Lobos, obbligatoria, e bermudoni molto nord americani scuri: lui è ciclobiker da terreni impervi, e nella bassa padana non trova pane per i suoi denti, almeno nel vestito rivendica la differenza.
Spiedo è un esempio fulgido del multitasking: con una mano regge una bici con l’altra armeggia al cellulare, un orecchio ascolta Federico con l’altro registra una richiesta di preventivo faraonico per 170 vasche idromassaggio di ultima generazione da consegnare alle 18 del giorno stesso (e che garantisce sono già in partenza) e intanto distribuisce magliette, tessere UCI…
E poi ci sono le Galline in Fuga. Dopo un’accuratissima preprazione sul campo non hanno ancora deciso quale sarà la strategia di gara: due giri a testa e poi cambio, un’ora a testa e poi cambio, un giro e cambio, notte si notte no, il caos regna sovrano, mente JD Fuentes, continua a sedere imperterrito sulla sua sedia.
Il più organizzato pare Ed. Scarica le sue bici, tre per l’occasione le prepara, poi si appronta le borracce, le barrette enegetiche e i sali. Lo vedo tranquillo, sa quello che fa, si muove in modo meticoloso, per lui la gara terminerà il giorno dopo alle 14, dopo 24 ore!
Ed Ema(tocrito) che fa? Non molto, la bici è a posto, leggera stretta al chiusino della sella (che comunque si muoverà nel corso della gara) si ingolla una barretta e si prepara mentalmente. Pur se non c’è nulla in palio la tensione si sente eccome.
Cosa manca: la registrazione formale, il chip e il Pacco Gara.
2) PACCO GARA
Leggendo le varie offerte pubblicitarie noto che ogni comitato organizzativo di gare di mtb dopo la presentazione della location e del percorso punta molto sulla munificità del pacco gara come incentivo all’iscrizione.
Ben strano mi dico, è l’ultima cosa a cui avrei dato valore e mi dovrò ricredere. Ma questo ve lo racconterò nel capitoletto relativo alla gara.
Bene cosa contiene il pacco gara: dal contenuto si può arguire l’idea che gli organizzatori hanno della loro gara; si può inferire dal pacco l’identità del ciclobiker, come alcuni ricercatori americani hanno provato a fare ravanando nella spazzatura dell’americano medio?
Proviamoci.
Prima ravanata: materiale pubblicitario vario dall’agriturismo di zona al calendario della gare di mtb più imminenti. Mi pare quasi ovvio il senso. Oltre alla passione il sistema muove pure denari. E va bene.Seconda ravanata: busta di integratori salini e buoni pasto e vabbè si pedala e si suda come suini è meglio non farsi trovare impreparati e poi i ciclopedalatori mangiano pure e non poco.
Terza ravanata: pesco un oggetto di plastica, si tratta di un parafango. Ecco qua mi sono posto la domanda: che faccio ce lo metto sulla Singular?
Mi sono dato tre risposte. Sul percorso non c’è fango quindi il parafango non serve, pesa e fa da ala rendendo più faticoso l’avanzamento! Ma questa risposta da sola non bastava: ho pensato ma come potrebbe guardarmi Spiedo se vedesse la Singular con una simile appendice? Questo mi ha dissuaso quasi completamente. Ma la domanda interiore che mi ha definitivamente spinto a non montarlo è stata: ma cosa potrebbe dirmi Marcello? L’abbozzo di risposta a quest’ultima question ha definitivamente risolto il dubbio.
Quarta ravanata: caramelle, e profilattici. Qua si fa più fatica a capire quale sia l’idea di ciclopedalatore che sta nella testa dell’Organizzazione.
Quello che si potrebbe ipotizzare è che alle gare di endurance si ciula, si ci si accoppia e quindi un organizzatore responsabile deve proporre uno stile di vita improntato alla sicurezza. Copulate ma in sicurezza. Da questo si può arguire che l’Organizzazione è laica, libertaria e non sessista con una forte e spiccata sensibilità per le azioni di riduzione del danno.
Le mentine AIRAction dovrebbero attenuare la fetida fiatela del ciclobiker spolmonato.
Rimane comunque aperta una domanda: ma per quale motivo nessun Lobos mi ha avvertito di questo: alle gare endurance si tromba! Avrei impostato la preparazione in altro modo. Invece di lunghe e solitarie sessioni di allenamento pure sotto l’acqua mi sarei concentrato anche su altro…di questo qualche d’uno dovrà assumersi le sue responsabilità. Mentre io stavo fuori a spaccarmi il c…voi tutti a casa a copulare allegramente. Non va bene, non va punto bene!!!
Quinta ravanata: la più bella. L’unica cosa utile (ma mi dovrò ricredere), il numero di gara 093. Bello poterlo esporre sulla bici.
Sesta ravanata: sacco nero per ciclo biker con problemi di coppia. Vai alla gara pedali per qualche ora ti stanchi torni alla tenda, la mogliettina non ti accoglie con il dovuto affetto, la smembri la metti nel sacco e la getti nel Po e torni a pedalare con rinnovato vigore. In alternativa il sacco potrebbe essere utilizzato, dal ciclobiker birbantello, per giocare a gavettoni. Individui la squadra più quotata, il sacco lo riempi di acido cloridrico e lo lanci goliardicamente in mezzo al gruppo da te inviso aspetti qualche minuto, poi dai l’allarme. ovviamente torini a pedalare con rinnovato vigore.
Settima ravanata: rotolo di carta igienica (che morbidezza). Appena l’ho visto ho pensato ma che cagata di dono. Mai pensiero fu più inconsulto. Domenica mattina dopo la gara mi sono recato in Cattedrale ed ho acceso vari ceri in onore della previdente Organizzazione.
Ottava ravanata: la maglia celebrativa della 24h di Cremona: anno domini 2008.
A questo punto siamo pronti per partire…(alla prossima puntata)
21 aprile 2008
18 aprile 2008
RICHIESTA
Sono appena giunto a Bergamo e mi trovo Piazza della Fara tappezzata dai manifesti della Townhill: che devo fare?!
Chiedo pubblicamente a Bob e Spiedo di attrezzarmi la Legnano del 1979 alla bisogna: ruote robuste, registratina ai freni (che si tratta pur sempre di una gara in discesa), un bel 53/15 (che se devo darci un colpettino non voglio frullare la gambetta) via la sella che tanto non serve, via il manubrio da corsa ci si può mettere un tondino in osmio (che fa massa), per la mise direi che teschi e tibie sono perfetti...casco ho il mio vecchio Nolan nero con il sottogla nel caso facesse freddino :-)
Vadoooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo?!?!?!?!
Let's go to Festeroo!
DOMANDE
Ieri ultimo allenamento per saggiare la "morbidezza" del percorso: è ancora durissimo, le piogge dei giorni scorsi non hanno fatto un gran che.
Ma mentre pedalavo con amena vigoria mi affianca e mi supera una bici plurimarcia. Mi metto a ruota tanto per cambiare ritmo, visto che il tipo non andava molto veloce. Il suo amico mi sta dietro. Dopo qualche minuto sento che mi chiede: "ma tu non puoi cambiare con quella bicicletta?". Ho avuto una mistica esperienza. Quasi volevo rispondergli: "come no, certo che posso cambiare, ma è una cambiata interiore, penso di cambiare e la bici cambia, io e la bici siamo in una relazione così intima e speciale che basta desiderare la cambiata e lei cambia".
Ho soprasseduto grugnendo un "no no non posso cambiare ha solo un rappoto davanti e uno di dietro". Chiusa la comunicazione.
Sabato se si mette male apro un gruppo di discussione sul senso prodonfo dell'andare con una singlespeed, ho già adocchiato un pioppo adeguato.
Siete tutti invitati diciamo fra le 16 e le 17, quando l'acido lattico avrà raggiunto discreti livelli di soglia ci si da alla filosofia non peripatetica ovviamente!
Good Trip
16 aprile 2008
15 aprile 2008
Preparazione
Pinne?
Muta stagna?
Canottino di salvataggio?
Costume florerale?
Ombrello da corsa?
Fatemi sapere, pare che le previsioni (anche se ancora poco affidabili) propendano per l'umidiccio.
Speriamo almeno che dalle 19.30 in poi si schiarisca...perché la grigliata sotto la pioggia non mi garba molto...
10 aprile 2008
Riunione Stasera !
- Quota iscrizione : 90 € inclusiva di Iscrizione+Maglia+Contributo Spesa per grigliata, ecc...
- Logistica: Distribuzione dei compiti per la preparazione del campo-base
- Preparazione mezzi: Singolamento della Treck di JD e della bici di 53x11 (si lui!), Finissaggio della Pace di Ghido
09 aprile 2008
Pensierini
Accadimenti inquietanti registrati negli ultimi tempi
Mi capita di guardare prima la bici della signorina smutandata che la conduce: questo mette in crisi alcuni capisaldi dell'identità di genere;
Mi capita di considerare che un mozzo Hope (uno a caso) ha una sua intrinseca bellezza, e se poi si tratta di quello posteriore di provare pure a capire se "suona" bene: questo genera alcune perplessità sul mio stato mentale;
Mi capita di ragionare fra me e me sui livelli di lattato dei miei muscoli: questo indica che i miei studi biologici hanno avuto non poche lacune;
Mi scopro frequentare siti dove si discute dei sistemi di saldatura del titanio in atmosfera controllata: questo segnala che alle perversioni non c'è limite;
Mi è capitato di fare sentieri in bici che forse a piedi avrei aggirato;
Mi capita di pensarmi vecchio quando vedo ragazzetti americani under 18 scendere come locuste da colline boscose e ripide;
Mi capita di pedalare pensando che potrebbe non finire mai; questo segnala pericosoli deliri di onnipotenza tardo adolescenziale;
Mi capita di guardare la Singular e pensare: è bella: E questo ci può stare; il peggio è quando cerco con me stesso di argomentare l'affermazione.
Mi capita di pensare che dovrei cambaire casa perché mi serve un garage: non ho bici da riporre ma accadrà prima o poi che ce ne saranno!!!
Mi capitano molte cose in questo periodo...
...mi capita anche di ripensare a mio nonno, uomo del secolo scorso, che per primo mi insegnò a portare una bicicletta senza rotelline e per questo, e per molto altro, di essergli infinitamente grato.
(Immagine aggiunta da Spiedo in riferimento al commento n.1)
04 aprile 2008
VISITE
Ho provato a simulare il colpo apoplettico ma niente.
Ho fatto battutacce del tipo "sa che il monorapporto singolo permette di penetrare meglio nella complessità del tessuto non antropizzato delle nostre terre" all'infermiera che mi stava facendo l'ECG e che mi ha risposto "salga e scenda dallo scalino seguedo il ritmo unno-duue-unno-duue".
Ho capito che la ragazza è appassionata di pallavolo e non ho insistito.
Mi hanno fatto abile alla pratica sportiva agonistica, il fatto che nel modulo di richiesta del certificato mi si rivolgessero le domande dando per scontato che fossi l'ATLETA mi ha commosso fino alle lacrime.
Il cardiologo mi ha solo detto di non esagerare con i bicchieri di vino...ho risposto che non sarà facile, ma che in ogni caso ci proverò.
Consiglio la visita per ammirare lo studio del cardiologo che possiede una foto autografata di Walter Bonatti (di cui dice di essere amico): guardandola mi sono interrogato sulla mia identità di genere.
Andate e poi ditemi.
03 aprile 2008
Stasera!
02 aprile 2008
QUINDICIPERCENTO
La protagonista al grande rientro mancava dalle strade liguri da quasi tre decenni. E qual inizio migliore della la mitica salita del Poggio di Sanremo, la vedete appoggiata all’albero del sagrato del santuario, in sfondo camper di cicloamatori molto appassionati, in attesa della Milano-Sanremo e che hanno creato una piccola camperopoli imbarazzante agli occhi del ciclopedalatore indigeno.
Lei la Legnano nella sua nuova vita si è comportata bene.
Ma i Pro il giorno dopo, la Madonna della Guardia neanche la vedranno, non si fermeranno, come siluri punteranno il lungomare per buttarsi a capofitto verso la piatta Aurelia.
Il singlepedalatore no lui deve andare oltre e quindi punta la sua attenzione verso Ceriana: paesino noto ai rivieraschi per la sua terribile umidità e per il pessimo carattare degli abitanti. Se vi capita andate a vedere dove hanno costruito il borgo e poi capirete che dovevano essere tipi tosti. Sei km di salita in parte pedalabile in parte meno. All'uscita dal paese di Poggio ci si imbatte in un cartello che non lascia adito a fraintendimenti. In sfondo c’è pure il cartello di pericolo: curva pericolosa anzi no tornante. Noi in liguria non ci si fa mancare nulla in quanto a salite tortuose.
Lasciate ogni speranza e dimenticate gli argini terrosi e le lanche umidicce. La Liguria è terra di fatica porca.
Mi avvio con moderata preoccupazione (il bello della salita è che permette sempre di ruotare la bici di 180° e ritornarsene a casa), ma la gamba risponde inaspettatamente bene.
Arrivo a Ceriana e mi dico, ma perchè non proseguire per Bajardo, sono solo una decina di km di SALITA. Mi avvio. Dopo un paio di km mi accorgo che la pedivella, quella di sinistra si sta ammutinando: dado svitato e quindi si deve tornare indietro.
M rimane il dubbio: jela facevo ad arrivare ai 900m del paesello pre alpino?
Giro la single e mi butto come un salmone nelle rapide verso il mare: un freddo della madonna. La Liguria fa pensare, in genere, al mare al clima mite e altre sdilinquaggini amene: ha un carattere mediterraneo, la mia terra, che nasconde al suo interno un cuore alpino. Sono partito con il sole e mi ritrovo cielo coperto, vento e temperatura non proprio primaverile.
La discesa è un sollucchero, soprattutto la parte che collega Ceriana a Poggio: (la parte centrale) orma la montagna lasciando parecchia visuale, curve aperte asfalto in buono stato.
Memore delle parole di Spiedo, "vai piano che i Michelin sono un po' duretti", ...modero l'andatura e poi una certa paura si affaccia benevola alla coscienza; devo riprendere confidenza con la velocità sui tubolari, da giovinetto azzardavo ma ora...
Avvistamenti ciclopedalatori: due in mountain bike biammortizzati (nel mio piccolo li ho superati a velocità doppia), lei in crisi anossica, con viso tumefatto, lui più tonico, quasi sereno, forse un sadico o magari avevano semplicemente litigato la sera prima. Un solitario con Scott carbonqualchecosa che saliva spingendo un rapporto impossibile. Quasi quasi un cambiaaaaaaa se lo sarebbe meritato.
Altro con mountain bike che mi guarda interessato e curioso: non avevo mai visto una bici così, mi apostrofa perplesso. Pure io fino a qualche settimana fa penso perplesso quanto lui.
Arrivo a Sanremo e mi fiondo dal meccanico, sistemata la pedivella mi preparo per la seconda uscita ligure che sarà per il giorno di Pasqua. Sanremo-Menton via Coldirodi; una sessantina di km fra mare e collina.
Singlespeed avvistate: zero!!!
La Liguria è un territorio vergine, va catechizzato.
ema