Siamo tutti in lutto. Un lutto inconscio subliminale, sconosciuto e ormai però profondo. Un lutto definitivo, dove non si intravede nessuna possibilità di resurrezione, ne per credenti ne per creduti, forse per i creduloni; un lutto atavico infinito:è morta l’intelligenza, è morto il senso del senso, è morto suo fratello il buon senso, suo cugino il sesto senso, è morto il silenzio di chi sapeva urlare, e l’urlo di chi sapeva tacere, è morto in me e spero sempre di più in tutti a quanto sento in giro dalla gente "normale", quel sano distacco che mi ha sempre tenuto fuori dallo sport parlato, patinato, specializzato, ospitato, e che oggi nel giorno del grande lutto esistenziale mi ha fatto uscire di senno, uscire dal"non ti immischiare, non centri niente, non hai niente da spartire…". Centro tristemente centro anch’io, centriamo tutti anche e soprattutto quelli che di sport di ciclismo di agonismo ne hanno sempre a buon diritto fatto a meno. In questo caso davvero "chi sta zitto ora solo uno sportivo è…". La morte del signor Pantani, il Pirata, con tutto il rispetto per ogni morte e per ogni morto, ha dato un altro e vigoroso colpo al concetto di lucidità mentale (cognata del senso, del buon senso e del sesto senso). Scrittori che parlano di arte del pedale e di filosofia della bandana, che dicono che un po’ di aiutini per tenersi su tra artisti e personaggi pubblici tutti prima o poi si è fatto uso ; psichiatri che stombano Pavese per parlare di depressione suicidi solitudini (come se Pavese mai fosse stato incoronato dai media, da corridoi di tifosi, da miliardi e giornaletti schiavi e schiavizzanti); inviati da tutto il mondo che fanno speciali per non riuscire a sopportare di essere solo e soltanto normali; parenti di quarto grado che subiscono interrogatori di terzo grado per non dir niente o poco sul mondo del ciclismo e il suo degrado; tifosini intercambiabili per tutti gli sport tutte le discipline tutte le morti tutti gli scandali tutti gli scoop; direttori di testate che ricordano le proprie memorie scambiandole per la storia degli italiani o di tutto l’universo unificato e parificato della scuola di pensiero "sport sincero sportivo vero"; paesi che si riconoscono in un uomo (ciclista, gollaro o sciista che sia) …Parole come dolore, eroi, sacrificio, dramma, malattia, solitudine usate non solo a sproposito ma svuotate di qualsiasi senso compiuto, scaturite solo dal bisogno di esserci, di dimostrare che scrivere e dire di sport deve pur avere un valore se no che valore ha? È proprio questo che mi piacerebbe chiedere ai funerali dell’intelligenza privata, dove accorrono le "intelligenze" pubbliche e viceversa:e se lo sport fosse solo e soprattutto una cosa che si fà, e la facesse solo chi la sa fare (e poi non per tutta la vita propria o peggio ancora altrui)? E se tutti quelli che non lo fanno smettessero di farci credere che c’èl’altro sport che si gioca in tv e sulla stampa, che sarà sempre in voga basta spararlo a caso a tappeto? E se chi non centra con tutto questo invece di lamentarsi come me della fine dell’intelligenza privata e non omologata, cominciasse a far sentire la sua voce spegnendo quelli voci sul nascere, così per una forma di sanità acustico estetico mentale? E se una risposta concreta fosse (e già in molti abbiamo partecipato), lo sciopero del telespettatore? Qualcuno di noi che non la pensa come loro, può cominciare a sperare che certe volgarità tipo abuso di giudizio, scarnificazione della notizia, presenzialismo onnipotente, intercambiabilità tematica, spruzzismo blaterante, ovunquismo, sete di religione da miti, possano un giorno lasciare spazio solo a chi gioca allo sport? Si può pensare anche di mandare in pensione certo sport e riparlarne la prossima vita, perché magari in questa si è già finito di correre? Ma è mai possibile che abbiamo bisogno di eroi solo perchè non sappiamo esserlo mai dentro le nostre mura mentali? Nessuno è mai riuscito a raccontare alle passate generazioni che non c’è vittoria o campione se prima non c’è una testa uno spirito un’intelligenza, che non si puo’ separare il successo, da quello che è la vita prima e dopo il successo? Come possiamo far capire ai prossimi campioni "fragili" che non ci basta più una coppa o il mito se dietro dentro e sopra non c’èanche qualcuno capace di leggere e tradurre i segnali, le metafore della vita da nababbo? Per essere diversi o superiori non basta esser stati solo tristi inferiori, o poveri o anonimi, altrimenti vincere può voler dire solo "vendicarsi" della gavetta,così come si vendicano certa stampa il pubblico e la tv appena arranchi un po’… È ancoracosì difficile spiegare che la fama di un comico che scoppia, di una subrettina da sabato di una presentatrice rotocalco o bon ton, di un amato beniamino, son fatti di un’alchimia spesso incontrollabile se non sei un eroe in testa, se non hai un’anima e un’energia che non si compra non si pompa non ti regala nessuno? Il ciclismo è dopato? Si ma anche gli altri sport? Certi atleti si aiutano? Ma anche certi altri però… Non ècosì da poco, ècosì da sempre… Davvero gran bei ragionamenti:se io picchio mio figlio, non mi passerebbe mai per l’anticamera del cervello di giustificarmi dicendo:È una vita che lo picchio e poi micca lo picchio solo io, lo picchia anche il postino… A quando quella bella vergogna fresca di giornata, nuova nuova, liscia e snella, che ci possa far dire che il problema non è come e dove andremo a finire ma quando e perchè cominceremo a cambiare!!!Una vergogna utile magari forse come dice qualcuno provata da chi non se l’è più sentita di andare avanticosì, contornato da yes men per tutte le stagioni pret a portè, scava bare e anche pero’ piangenti sulle stesse? Non diciamo che sono i soldi, è troppo facile e comodo se fossecosì: gli affari sbagliati basterebbe evitarli con la galera; non diciamo che ormai non si torna più indietro… Diciamo che piuttosto non siamo capaci di avere di meglio a cui pensare la domenica e tutti gli altri giorni sportivati… Diciamo che ci piace masochisticamente vedere gente dalle stelle e stalle, vendicarci delle nostre incapacitàcreative o alternative, che ci piace vedere i leoni dentro i colossei o per la strada; diciamo chè è più facile qualunquisticizzare su salite discese gregari podi, tripudi, sfoghi e litigatele, scaldaletti, bar, club, giudici, sponsor… Possibile che in nome di un qualsiasi idolo (fateci caso sempre unico e irripetibile) si venda la propria ragione alle tv ai giornali al gossip, si cacci nel cesso un pur che minimo senso del pudore del rispetto della testa, quella propria e quella altrui? Gli eroi li fanno i giornalicosì come li sfanno, e non puo’ essere altrimenti, perchè i veri eroi son quelli che non si vedono o li vedono solo alcuni; quegli altri sono solo gli specchi che la gente (per fortuna non tutti) mette davanti a se, al posto di se. Sono anni che il concetto si dovrebbe veder chiaro e nitido, fin troppo banale ma si vede che ècosì grosso che non si vede… Perchè non inventiamo uno sport dove uno non si deve sacrificare o soffrire ma dove se non mi riesce a divertire, torna al suo paese a fare quello che faceva prima del paradiso terrestre… Uno sport tipo tiro con l’arcobaleno, moto perpetuo, piton footbool per palla avvelenata, sci di sfondo, vuoto sincronizzato, pace libera guerra, calcio alla stupidità, secondo batte primo, corsa con le idee, o magari anche piùsport ma contemporaneamente :una partita di calcio ma con tutte le squadre del campionato in una volta,così ci son più domeniche libere. Oppure gare di cavalli, auto, bici e bob, insieme magari in spiaggia di notte solo se nevica… Questo forse sarebbe straordinario! Perchèla parola straordinario ormai vomita da sola tanto è mangiata, non ce la fa più ad essere se stessa. Difatti quando ci sono altri lutti e altri eroi, altri morti e altre sofferenze, il vecchio significato di straordinario non tiene più, non dice più, e si fa ‘fatica a crederci. E non parliamo dell’ironia, quella di quelli che con questa scusa defecano parodie e scenette più ruffiane dei ruffiani, ironia più venduta della realtà, più compera di quella affittata dai media, quella che appena un Pantani di turno sbaglia o si crede sbagli, lo disegna come una macchietta e ci fà gli editoriali al veleno e che magari oggi è commossa e accusa chi lo accusava…E non parliamo dei bravissimi giornalisti seri e onesti che fanno solo il loro lavoro:che lavoro èquello di inventar eroi salvapatria campioni per l’eternità quando loro stessi non riescono a scrivere che se ci credi davvero in questo alla fine ci stai male e ci puoi anche rimanere? Qualche amico che piange o ricorda gli sportivi declinati o allenatore sempre al loro fianco, ha mai fatto un corso di umiltà dove si insegni a chiedere aiuto quando non ce la si fà più, a non vergognarsi della vergogna se serve per capire chi si è veramente, a non aver paura della paura? O certa mentalità fà degli uomini leoni finche sono nell’arena, ma appena fuori se non sei all’altezza vieni considerato debole? Perchè non partecipare tutti insieme a qualche simposio su "Succeso insuccesso fattori umani prevedibili e loro effetti su giovani illusi che credono che venire dal niente significhi diventare Dio"? Se smettessimo di ringraziare per delle normali "emozioni" che ci dà chi vince o cominciassimo a ridimensionare il concetto del facce sognà (magari meno incubi pubblici più sogni veri)? Sarà il potere della superiorità ad ogni costo che farà pagare il conto di quel costo a sportivi e pubblico che non ha capito che l’eternità e la divinità con lo sport, con lo spettacolo, il business, la fama, non possono e per fortuna non riescono a centrare… Fa fatica l’arte a centrare col supremo l’immortale l’energia cosmica, figuriamoci, se quattro attorucoli, due cantanti, mezza presentatrice o una banda di primatisti o campioncini dal profumo svanibile ce la potranno mai fare… Cio’ non significa che le succitate categorie siano da buttare a fiume, ma significa che tutta questa verità in bocca in faccia e dentro di loro è esageratissima e violentissima e volgarissima. Forse ponendoci un po’ più di domande e drogandoci meno con sostanze come fede, eroe, mito, campione, fama, (di cui si fà colpevolmente lo spettatore) potremmo sperare che almeno per le prossime generazioni ci sia un pubblico più curioso’ in teatro al cinema, nella scuola, magari con altri desideri al potere, gente che sappia giocare a prescindere dallo sport, meno capitani di industrie è più capi intesi come teste (pensanti.)
Quanti funerali dobbiamo ancora vedere per capire che non abbiam capito che non possiam capire? Contro l’inquinamento da creduloni, beoti che bevon tutto e che voglion far bere, venditori di compratori, creatori di spillette per spillare, di bandiere che non riescono a bandire di sentimenti che mentono, di agonismo che è agonia fondiamo una fondazione contro le infondatezze!
Cominciamo ad allenarci ai colpi di testa, ad arredare diversamente le camere d’aria, a fare i presentatori che siano presentabili e non solo presenti,così andremo meno dentro la notizia e staremo fuori, all’aperto, lontano dalla sporcizia,così in amicizia
Alessandro Bergonzoni da Il Resto del Carlino 21 Aprile 2004
(Non l'avevo mai letto prima e mi ha molto colpito)
02 agosto 2011
Bergonzoni ti ammiro molto!
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6 commenti:
Intelligenza assolutamente fuori dalla norma.
Da tenere a mente.
apperò...un video trash ed un raffinato articolo...Spiedo golden boy della comunicazione. bello
ottima riflessione!
bisogna pedalare
France Gondrano
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