Un’uscita con i Lobos è un’esperienza estremamente appagante.
I Lobos sono per le ciclopedalazioni, quello che la foresta amazzonica è per la biodiversità: un mondo molto variegato ed esplosivo.
Il gruppo raccoglie al suo interno under diciotto e baldi over cinquanta.
Dal punto di vista ponderale si oscilla fra i 40 kg e il quintale scarso.
Le bici, sì certo le bici, le protagoniste: per un’uscita montana si può adare dalla bici da crono in carbonio con ruote lenticolari alla biciclettona da DH da 25 kg e più. Ma valà lettore crapulone, sto scherzando...
Tutto questo si è manifestato a Verona nell’ultima domenica di ottobre. Nella bassa, triste e fetida plaga veronese la nebbiolina stazionava placida ed umidiccia.
Pochi metri sopra il sole splendeva vivace e luminosissimo. Là i ciclopedalatori si dirigeranno senza indugio.
La compagnia si da appuntamento in un ridente parcheggio di un centro commerciale frutto della mente e del lavoro di un qualche architetto gravemente depresso. Ci sono molti posti brutti, ma brutti fra i brutti i centri commerciali e direzionali svettano per bruttezza assoluta; quelli veneti poi risentono irrimediabilmete dell’alacre lavoro di devastazione del territorio portato avanti per decenni dalla laboriosa gente padana. Terra da magnar c'è ne più poca: si fermeranno?
Approntate le biciclette si parte baldanzosi: pochi metri ed è subito salita. In barba al consiglio universalmene riconosciuto da tutti gli sportivi: scaldarsi bene prima di iniziare un'attività motoria intensa. Partenza a freddo subito pedale duro: bisogna rompere il fiato, sferzare il miocardio, bruciare etti di inutile materia mitocondriale.
Dentro al gruppo ci sono varie tendenze culturali.
La prima quella che ultimamente sta scuotendo il già scosso mondo lobico: il gravel bike touring.
Di cosa si tratta? Lo sapessi te lo direi curioso lettore, ma non lo so! Comunque ad un osservatore scaltro ed avvertito non possono sfuggire strane bici dotate di portapacchi, cambi e manubri dalla forma poco mountain.
Sono biciclette che i loro cavalieri utilizzano per lunghe ed estenuanti peregrinazioni eplorative.
All’interno di questo gruppo si possono cogliere alcune sfumature che dicono molto, a chi sa osservare, del loro uso e soprattutto del loro possessore: le biciclette a me parevano quasi tutte uguali, ma dopo aver conosciuto i Lobos, ho iniziato ad applicare il filtro della critica kantiana. Continuo a non vedere, ma ora so di non sapere: va detto che tutto ciò con Immanuel c'entra poco, ma per definizione la critica dura deve essere kantiana.
TIPO A: la gravel bike agé. Il suo possessore, non più giovanissimo, ma dotato di ardori adolescenziali ad alto contenuto testosteronico, mostra un gusto cromatico molto discusso e discutibile. Ma questo è un particolare per feticisti: delle perversioni non voglio parlare!
Bicicletta dotata di portapacchi bionico, titanico, trendissimo prodotto da una factory dal nome onomatopeico: Tubus. Giusto no, dico io, hai una certa età, la memoria a breve, medio e lungo termini inizia a vacillare. Perdi le cose, dimentichi gli appuntamenti, scordi le vie e gli indirizzi, ti viene incontro l’azienda di nicchia. La Tubus produce tubi ritorti. Poi c’è la Cascus che produce casci, la Biciclettas che produce biciclette, la Manubrios che produce manubri…e via discorrendo. Va anche detto che da molti anni sul mercato esiste una ditta di scarpe, italianissima, dal nome onomatopeico. La Tubus pare sia un’azienda tedesca, ma sospetto che dietro ci siano manager over ottanta di origine italiana.
TIPO B: la gravel bike for extreme experience. Si tratta di un mezzo progettato, realizzato e testato su Marte e Urano. Sopporta temperature estreme, carichi di lavoro estremi ed usi impropri tutti uno più estremo dell’altro. Mi è capiatato di osservare, da dietro durante una bella discesa, il suo possessore saltare come un camoscio ogni più piccola asperità del terreno. Ogni pietra veniva lisciata, arrotata, e poi frantumanta dal passaggio del giovane cucciolo di Bisonte. Certo queste bike non sono bici per umani, ma oggetti planetari, caduti come meteoriti sulla terra, per far divertire il cucciolo di Bisonte reincarnatosi in un corpo umano.
TIPO C: gravel bike single speed. La bici degli uomini veri dotati di “bella gamba”. Generalmente i portatori di “bella gamba” sono anche dei temibilissimi bevitori di birra. Alcuni istituti di ricerca stanno cercando di studiare lo strano fenomeno, ma con scarsi risultati.
Questi pedalatori probabilmente hanno perduto completamente la capacità di discernere l’angolo di inclinazione di un piano: per loro tutto sembra essere flat.
La bizzarria di questi oggetti ciclopedalanti, in ambiente montano, è data dal curioso manubrio, che obbliga il ciclopedalatore ad una posizione da cronoman!
Nella prima vera discesa del giro si presenta un sentiero discretamente erto coperto da un bel tappeto di foglie rosso-marroni e…da tante ma tante pietre roride e piuttosto aguzze.
Il gravel tourer biker agé aggredisce subito con aria spavaldo, il declivio, petto in fuori e culo molto indietro, molto ma non abbastanza: la posizione in sella rende difficoltose alcune semplici manovre ciclodiscesistiche. E’ un attimo, l’ardore viene bruscamente raffreddato dall’umida e infingarda pietra lessinica. Fragorosa caduta. Dramma!
Dramma estremo! Il ciclopedalatore a terra in lacrime, urlo di dolore, tutti si avvicinano per portare soccorso. Il ciclopedalatore spavaldo urla, tutti pensano al peggio: si sarà rotto una clavicola, forse una costola, magari due, i legamenti divelti, casso mesi di riabilitazione, forse anni.
Le lagrime corrono copiose, sulle gote pelose, poi lentamente l’oldbiker si rialza, grande sospiro di sollievo, rapido recupera la gravel bike, con la mano sporca di terra e foglie marce, rovista nella borsa, ah dimenticavo, caro lettore, le gravel bike hanno sempre delle antiestetiche appendici in forma di borsa adatte al trosporto delle più svariate masserizie.
Bene la mano affonda nella borsa, lo sguardo perso del ciclopedalatore, e poi il sorriso si allarga sulla bocca contratta: emerge dalla borsa una bottiglia di vino. Il ciclopedalatore inzia a baciarla con affetto, la coccola, la osserva, sembra integra. Il pubblico ciclopedalante pare costernato, alcuni imprecano, altri iniziano a ridere, i più scuotono la testa, ma già assaporano l’ottimo nettare. Uno fra loro il più sadico non riesce a trattenere l’oscena domanda: “…ma che vino è? Si tratta di Brunello di Montalcino?”
Per un attimo la ritrovata felicità scompare per lasciare posto, sul volto provato del gravel biker, una smorfia di mestizia e compunzione.
Lapidario, la voce grave ma ferma: “Il Brunello di Montalcino è un vino morto!”.
Si riprende il giro in un silenzio mortifero.
Inciso enologico. La bottiglia contiene vino della Valtellina vendemmia del 2001, affinato in botte 30 mesi. Uno dei pochi vini che ancora sopravvivono: ma la maggior parte, dei vini, sono vini morti. Il Brunello di Montalcino è morto, pace all’animaccia sua. In presenza di certi biker il Brunello non va nominato, mai! Evitare nel modo più assoluto di fare qualunque accenno al disciplinare di produzione, tale riferimento getta l’interlocuotre in uno stato di stupore catatonico, in alcuni casi si hanno pure delle crisi narcolettiche.
Per tentare di recuperare il rapporto si può provare a fare qualche accenno a produttori, di “bollicine”, di nicchia, della Franciacorta: però, caro lettore, se non hai troppa confidenza con la triple A e i corni di vacca pieni di merda seporti a due metri sotto terra, meglio lasciar perdere.
Chiuso l’inciso.
Dopo la discesa, l’attraversamento di una ubertosa conca, quibdi i pedalatori riprendono la salita.
Prima lieve, poi meno.
Nel gruppo variegato ci sono anche delle biciclette senza cambi. Pur se il progresso tecnico ha messo a disposizione dei ciclopedalanti un oggetto magico dal nome semplice e molto onomatopeico uno sparuto gruppo resiste al richiamo delle comodità. Ci sono alcuni che lo schifano. Si tratta di casi umani di un certo interesse.
Sono espressioni di ferma ostinazione ad abbandonarsi al progresso? Forse sì.
Si tratta di pratica virile atta alla seduzione immediata con relativo accoppiamento gaudente, della giovane femmina? Forse sì.
Si tratta di pratica ascetica volta al raggiungimento di costanti e fluttuanti stati di coscienza alterati? Forse sì.
La comunità Lobica ultimamente, anche grazie all’Inflessibile Fustigatore Sabaudo, si trova a riflette sul senso di certe pratiche. Le riflessioni non hanno portato a nulla di definitivo: il cambio e i deragliatori sono sul banco dell’imputato.
Comunque lasciamo queste disquisizioni accademiche e ritorniamo sul campo.
Quando il campo si flette verso l’alto il ciclopedalatore cambia, se ha il cambio, se non ce l’ha impreca.
Domenica alcuni umani imprecarono con virilità.
Altri invece innestarono rapporti vorticosissimi al limite dello stallo: un esercizio di sublime ed invidiato equilibrio.
Il gruppo si sfilaccia, ognun sale del suo con il suo passo nel senso che alcuni ciclopedalatori scendono e passo dopo passo raggiungono l’anti erta. La meta più alta della giornata verrà conquistata solo dopo un lauto pranzo.
Allora, stupito lettore, devi sapere che dopo il pranzo non francescano, accompagnato da vino della casa abbondante e fresco, la comunità lobica disdegna fieramente la pennica post prandiale domenicale: roba da pantofolai calciodipendenti.
Finito il pranzo si risale subito in bici e si pedala in salita: subito! Forte!
Fondamentale la scelta del tempo. Tutto deve essere fatto con rapidità e precisione. Si tratta di fottere in anticipo lo schifoso succo gastrico: prima che il processo digestivo occupi tutta la ram disponibile, e in alcuni ciclopedalatori, tale riserva di memoria è molto ma molto esigua, bisogna produrre lo sforzo, sono attimi, il conato è in agguato!
Chiaramente il fisiologo consiglia, dopo un buon pranzo, di fare, immediatamente uno sforzo fisico importante, meglio se seguito da una discesa, sudati, con l’aria fresca, meglio se fredda che birichina, insulta l’epa ribelle!
Tutto questo è stato fatto! Doveva essere fatto! Ed è stato bello farlo.
E’ stato bello pedalare in compagnia.
E’ stato bello faticare.
E’ stato bello arrivare a quota 1750 e osservare il gruppo dell’Adalmello, già innevato, all’orizzonte.
E’ stato bello assaporare il sole prima del pranzo.
E’ stato bello non avere altro che una bicicletta, due gambe e un solo cazzo di rapporto!
E’ stato bello scendere lungo la strada bianca di pietruzze e lasciar correre la bici.
E’ stato bello fare piccoli ed inutili saltini durante la discesa.
E’ stato bello pedalare in un ambiente naturale senza macchine.
E’ stato quasi commuovente, per il padano abitante, vedere le placide vacche al pascolo: libere e ignare di tutto.
E’ stato bello lasciarsi accarezzare dai colori autunnali.
Un’immagine del gruppo a fine giro: il pratone finale, una lunga striscia morbida come un tappeto, verde come solo l’erba sa esserlo, diciassette canguroni in fuga che sobbalzano allegri sulle corrugazioni del terreno, le candide nuvole a coprire la fetida plaga lontana e nascosta.
E’ stato bello, all’arrivo, provare un senso di piacere inappagato.
E’ stato bello farlo.
Questa volta va ringraziato il Baffo e lo faccio prontamente: grazie.
31 ottobre 2011
LESSINIA MON AMOUR
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7 commenti:
bravo Ema ,leggerti è sempre uno spasso.
a mio parere ed anche quello del mio fisico...la mtb è più faticosa della strada ma mooooolto più appagante in divertimento , paesaggi e tecnica. dalla prossima primavera si potrebbe programmare una bella uscita mensile in mtb. ho molti percorsi anche io da proporre
Errore EMA: Tubus non è Portapaccus
Aspettiamo adesso una tua elaborazione sul tema che come vedi è intrinso di soggettività
...diciamo che mi sono permesso una licenza retorica. Dovrebbe trattarsi di sineddoche...
ema
Che dire: un ponte veramente ricco di emozioni. Meraviglioso. Gran bel giro in Lessinia e compagnia strepitosa, per una giornata da ricordare. Grazie al Baffo, all'omino di marzapane per l'organizzazione, a Marcello che mi ha strappato fino a Riva e a tutti i Lobos per la compagnia. Leggerete il mio resoconto prossimamente...
Zio in effetti Ema ha sbagliato...trattasi di portavinarius
Girare in bici in compagnia è tanto bello!
bellissimo racconto, complimenti! anche per l'uscita in lessinia!
ciao,
Dario
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