-Mi sente, riesce a capire quello che le sto dicendo. Se mi sente muova il dito indice della mano sinistra.
La voce metallica sembra giungere dagli spazi siderali.
L’uomo con uno sforzo sovraumano solleva una mano, che ricade immediatamente sul lenzuolo. Una palpebra freme impercettibilmente, una lama tagliente penetra attraverso la pupilla, milioni di fotoni, irritano la retina.
-Si pare che ci senta, è un buon segno.
-Sono il dottore Crazy Steel, gastroenterologo e psichiatra esimio dell’Ospedale di C….
La voce arriva chiara ma frammentata, come da un disco vecchio e pieno di righe.
Il paziente apre entrambi gli occhi e guarda.
-Abbiamo dovuto ricoverarla per una grave intossicazione alimentare, ha ecceduto con la carne di porco. Un gruppo di pescatori l’ha vista correre nudo, lungo le rive dell’Oglio, gridando frasi inconsulte.
Lentamente tornano alla memoria alcune immagini confuse.
Uno stinco di porco…poi più nulla. Dopo qualche secondo l’immagine di una montagna bianca, sofficie, forse crema pasticcera. Poi un uomo, vestito da servo che ammicca con fare saputo.
Il paziente prova ad alzarsi una fitta devastante alla testa lo getta nel suo torpore.
-Stia tranquillo le abbiamo somministrato un sedativo, dopo averle fatto una lavanda gastrica. In un paio di giorni dovrebbe tornare nuovo.
Il paziente annuisce e si assopisce sereno.
Il dottore esce dalla stanza e da disposizioni all’infermiera di lasciare tranquillo il paziente.
Passano pochi minuti e alla reception compare un uomo non più giovanissimo che con fare risoluto si avvicina al desk. La caposala, donna procace di origini lituane, sta rispondendo al telefono e con la mano libera compila una tabella medica.
L’uomo di avvicina, la guarda negli occhi, la donna insiste nel suo lavoro, l’uomo le appoggia una mano sulla spalla e ristà. La giovane infermiera per una attimo si sente persa, chiude la conversazione lascia cadere la penna.
-Devo vedere il ragazzo ricoverato per intossicazione alimentare!
-Il primario ha detto che non deve essere disturbato, ha bisogno di riposo.
L’uomo appoggia con più forza la mano e la fa scivolare lentamente verso l’attaccatura del collo, poi allenta la pressione e con due dita le sfiora la pelle, fra collo e orecchio: la sente morbida, profumata ed improvvisamente cedevole. Ristà e guarda gli occhi blu cobalto della giovane donna.
-Il primario ha det….
-Devo vederlo
Le dita iniziano a muoversi prima lentamente poi sempre più veloci. Gocce di sudore sottilissime orlano il labbro superiore dell’infermiera.
-Stanza 69 se vuole l’accomampagno io!
-No grazie faccio da solo.
L’uomo si avvia lasciando la giovane donna sola e perplessa.
Entra nella stanza, la luce meridiana filtra liquida fra le veneziane. L’uomo si guarda intorno, prende una sedia, si siede, incerto. Si alza, apre la finestra, solleva la veneziana, un profumo intenso di erba tagliata e letame marcio invadono la stanza. L’uomo torna a sedersi. Guarda il suo simile immerso nel sonno farmacologico: aspetta sembra indeciso poi inizia a parlare.
-Allora che cazzo mi combini!
Il paziente apre gli occhi: Padre Crank che cazzo ci fa qui?
-Ti prego non usare certe parole…
-Mi hanno telefonato, stavo in vacanza in un Exclusive Adult Resort ai caraibi, dicendomi che stavi molto male.
-….Exclus…Adu…Res…ma padre Crank che dice, mi di cosa sta parlando…
-Ma cosa vuoi sapere tu, che basta uno stinco di porco per metterti al tappeto. Sei un insulto al genere umano maschile.
-Ma Padre Crank, ho avuto delle visioni, sono ancora molto turbato.
-Raccontami, apriti e forse potrò fare qualche cosa per te.
-Ecco ero andato ad una festa paesana per assistere ad uno spettacolo in costume, ho mangiato, e poi mi sono sentito strano, ho come perso la ragione.
La conversazione viene interrotta dalla porta che si apre, compare il volto della caposala, incorniciato dalla luce arancione del pomeriggio.
-Le serve qualche cosa, Padre?
-No grazie, lasciaci soli Liudvika!
-…ma come sa il mio nome!
-Ho conosciuto molti anni fa tua madre, ma ora lasciaci soli, Liudvika. Vai vai!
La donna chiude la porta con estrema delicatezza e si avvia verso la sala operatoria.
-Allora dove eravamo rimasti?
-…ecco Padre dopo la cena ho iniziato a sentirmi strano, ad un certo punto è comparsa una persona vestita da popolano tardo medievale. Mi si è seduto vicino ed ha iniziato a parlarmi con voce suadente. Io non stavo bene. Dentro il mio corpo era in atto una guerra chimica. Ho cercato di non ascoltare le parole che stavano invadendo la mia psiche ormai intossicata.
-Vai avanti, fino ad ora non mi pare che ci sia nulla di particolare che possa spiegare il tuo stato, a parte che hai un fisico inadatto a certi stravizi alimentari.
-…ecco, ad un certo punto la voce cessa, io quasi mi desto dallo stato di trance e mi accorgo che sto camminando. Cammino ma non so verso dove.
Dopo qualche minuto mi rendo conto che sono come ipnotizzato, seguo una scia luminosa…
-…non dire cazzate, non esistono scie luminose, cerca di essere più preciso.
-Padre, cazzo, mi lasci dire c’ero io là mica lei!
-Non dire certe parole, ragazzo, lo sai che mi ferisci.
-Scusi Padre, ma certe volte lei mi fa girare i maroni…si mi accorgo che sto seguendo una scia luminosa di un bel verde ramarro…aguzzo la vista e mi accorgo che la scia termina difronte alla porta di un garage. Si una normale bascula in alluminio. Arrivo a pochi metri e la bascula di apre: una nuvola di vapore caldo mi avvolge. Rimango perplesso. Ho paura ma sono anche attratto. Lentamente entro nel locale. Non è molto grande ma è pieno di oggetti.
Le pupille iniziano a dilatarsi a dismisura, gli oggetti prendono forma. Sembra l’antro di un alchimista.
Appese alla parete ci sono decine di forcelle di tutti i colori e di tutte le leghe. Inzio a contare, anzi a contarle. Sa mi capita quando ho paura per tranquillizzarmi penso a degli oggetti e li conto Inzio uno, due, tre, quattro, faccio scorrere lo sguardo con lentezza micrometrica, (se non faccio così non riesco a tranquillizzarmi), arrivo all’ultima forcella, sto per pronunciare il numetro trent…ho un mancamento. So che può succedere, riprendo l’operazione con ancora più attenzione…arrivo all’ultima forcella sto per pronunciare il numero trent…svengo. Mi ridesto, non so quanto tempo sia trascorso, ma mi accorgo che le forcelle sono aumentate di numero, capisco senza contarle che sono molte decine, capisco che sono solo, che non posso più utilizzare certi mezzuccci per tranquillizzarmi.
-Continua…
-Ci sono biciclette dappertutto. Alcune integre altre smontate, in parte, una addirittura è chiusa dentro un sacco, sembra il cadavere di un soldato americano. Il pensiero mi spaventa. E poi vedo un banco da lavoro.
Sento un rumore alle mie spalle, mi giro alzo lo sguardo: ho la certezza che le forcelle si siamo mosse. L’orrore si impadronisce della mia mente. Capisco che le forcelle si stanno accoppiado a velocità batterica: una crescita esponenziale. Non capisco più nulla cerco di uscire ma non ci riesco, vengo afferrato alla caviglia da un pedale in carbonio, lo sento liquefarsi e riprendere il suo stato fisico normale. Cado, finisco con la faccia dentro un secchio di latta, pieno di bussole in ergal. Mi entrano nelle narici, con uno sforzo al limite dell’umano sollevo la testa e vedo una molla in titanio che si amima come fosse un crotalo del deserto, urlo, cioè provo ad urlare ma la voce non esce, solo una manciata di bussole multicolore viene vomitata a terra.
Guadagno un metro forse un metro e mezzo. La molla mi ha ormai afferrato il ginocchio, si sta lentamente avvolgendo lungo la coscia…urlo, questa volta la voce esce potente, dal centro del mio ventre. Scuarcia la laringe e scuote una bi-amortizzata che inizia ad agitarsi come Cassius Clay davanti a Foreman. Sono impietrito. Ormai la molla titanica ha finito con la coscia e sta lentamente salendo lungo l’inguine, stringe i testicoli si avvolge lungo il pene e poi prosegue verso il bacino, più su sempre più su…La bi-ammortizzata continua nella sua danza sfrenata, dietro sullo sfondo vedo uno sciame di di piccoli oggetti colorati che volano compatti come una formazione aerea: sono di tutti i colori, luminosi e si muovono a formare delle lettere. Vedo una K gigantesca, poi una Erre ancora più grande…chiudo gli occhi, sento il freddo del metallo che ormai è arrivato a stringere la carotide si sta insinunado dentro la narice, sale lentamente, non sento dolore, ma la paura è ormai scomparsa: orrore puro senza contenuti.
Con un ultimo sforzo cerco di far leva sulla gamba rimasta libera, spingo con tutte le forze rimaste, riesco quasi ad uscire, sento che ce la sto facendo, dal profondo della disperazione contraggo i muscoli per cercare di uscire, guadagno qualche centimetro, alzo lo sguardo e vedo di fronte a me un suino gigantesco che lentamente avanza verso la stanza. Capisco che sono perso…poi più nulla…e mi trovo qua con lei Padre!
-Non stai bene figliuolo, non stai per nulla bene.
Padre Crank si alza dirigendosi verso la finestra prende il cellulare compone un numero, mentre aspetta la risposta chiude la finestra abbassa la veneziana.
-…Liudvika ho bisogno del tuo aiuto potresti venire alla 69?
Appoggia il cellulare sul comodino, guarda verso il giovane socchiude gli occhi e dice: questi caro mio non ci hanno capito un cazzo ti stanno imbottendo di farmaci per niente. Ora si fa come dico io.
Dopo qualche minuto bussano alla porta.
-…entra pure Liudvika
L’infermiera entra cauta e si siede sulla sedia che prima era occupata da Padre Crank.
Padre Crank si avvicina a lei, le appoggia la mano sul collo e ve la lascia.
Il paziente si sente a disagio, dopo lo sfogo sembrava avere ripreso fiducia nelle sue facoltà mentali.
Ma ora ha la sensazione di sentire delle voci strane che non capisce, e poi gli pare di vedere una donna seduta sulla sedia accanto al suo letto, la cosa strana è che gli pare che la donna sia poco vestita…e cosa stranissima che lo fa ripiombare in una profonda angoscia, la donna, sta mangiando una braciola di maiale, le fauci affondate nella carne sanguinolenta.
Chiude gli occhi con forza, ma sente una mano che gli sfiora il polso. Serra gli occhi con violenza, ma la sensazione tattile non scompare. Riapre gli occhi. Ha la sensazione che la ragazza sulla sedia si sia avvicinata moltissimo a lui, poi sente una voce sottilissima: -mi vuoi dire dove ti fa male, me lo dici perfavore…
Padre Crank esce dall’Ospedale e si dirige spedito verso l’aereporto…la vacanza non era ancora finita.
30 ottobre 2009
STINCO DI PORCO (parte seconda)
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7 commenti:
Spiedo... qui bisogna iniziare con le bozze!! ;)
Ema... voglio il numero del tuo pusher!
...sono le suinotossine a cui il corpo mediterraneo non è ancora abituato!
ema
Tigre noi siamo pronti!
...perché c'è qualche persona che non lo è!
Facciamo i nomi, usciamo allo scoperto, distruggiamo il muro dell'omertà e del sileziooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo
ema(?)
Ema looks good in a silver thong. He makes me think of the thong song.
http://www.youtube.com/watch?v=140mcWQPGcA
Thanks Ema
grazie di cuore
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