Qualche giorno fa mi sono imbattuto in Maurizio Maggiani, mio conterraneo classe 1951, levantino di Bocca di Magra; oggi mi sono scontrato con Paolo Nori, mio quasi coetaneo, lui del 1963 io a ruota due anni dopo, parmense.
Vi dono una simpatica riflessione del protagonista (alter ego dell'autore) del suo ultimo romanzo: I Malcontenti (Einaudi Editore).
Vado con la citazione: "Era una cosa che avevo già scritto da un'altra parte, anni prima, e la ripetevo così, un po' meccanicamente, tutte le volte che avevo l'occasione di ripeterla, e ogni tanto ci aggiungevo un pezzo.
Cominciava dicendo che quelli che erano nati negli anni venti, e che avevano vent'anni negli anni quaranta, avevan dovuto combattere perché c'era la guerra e servivano dei soldati. Quelli che eran nati negli anni trenta, e avevano vent'anni negli anni cinquanta, avevan dovuto lavorare perché c'era stata la guerra e c'era un paese da ricostruire. Quelli che eran nati negli anni quaranta, e che avevan vent'anni negli anni sessanta, avevan dovuto lavorare anche loro perché c'era il boom economico e una grande richiesta di lavoro. Quelli che eran nati negli anni cinquanta, e che avevan vent'anni negli anni settanta, avevan dovuto contestare perché il mondo così com'era stato fino ad allora non era più adatto alla modernità o non so bene cosa. Poi eravamo arrivati noi , nati negli anni sessanta e che avevamo vent'anni negli anni ottanta e l'unica cosa che dovevamo fare, era stare tranquilli e non rompere i maroni.
Mi sembrava che noi, avevo detto, fossimo stata la prima generazione che, se ci davano il lavoro, non era perché c'era bisogno, ci facevano un favore.
Cioè era come se il mondo, per i nostri genitori era stata una cosa da fare, da costruire, per noi fosse già fatto, preconfezionato, e l'unica cosa che potevamo fare era mettere delle crocette, come nei test.
E allora aveva anche senso, che proprio in quel periodo lì, negli anni ottanta, fossero comparsi in Italia, i giochi elettronici, perché uno di vent'anni che passava sei otto ore al giorno a giocare ai giochi elettronici, che negli anni cinquanta sarebbe stato un disadattato (Sei un delinquente, gli avrebbero detto i suoi genitori), a partire dagli anni ottanta andava benissimo, perché rispondeva al compito precipuo della sua generazione, di stare tranquillo e di non rompere troppo i maroni". Fine della citazione tratta da I Malcontenti, Einaudi Editore, 2010, pag 39-40
...e se si dovesse continuare con quelli nati negli anni settanta, alla loro generazione cosa gli abbiamo chiesto, e quelli nati negli ottanta, ventenni all'inizio del nuovo millennio che compito gli è stato assegnato, e quelli che ora hanno vent'anni e sono quindi nati negli anni novanta che compitino hanno da svolgere?
11 gennaio 2011
DECADI E COMPITI
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4 commenti:
Sono contento di leggere queste cose la mattina presto mi danno la giusta carica..... e bruciori di stomaco...
ogni generazione ha prospettive positive e compiti ingrati..non molti anni fa la figlia del contadino doveva accettare di passare la prima notte con il padrone...oggi devono stare attente da chi accettano un passaggio in auto...sarà per questo che a mia figlia ho già comperato 2 bike ?...
NORI, ti sei deciso a leggerlo
Non so che pensare, a parte l'analisi storica molto lucida
Lavora ancora per il GIORNALE ?
Basta compiti!
Andiamo fuori a giocare!
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