07 febbraio 2011

IDENTITA'

"Perché ce l'avete con gli stradisti?"
La domanda arriva forte, chiara e non eludibile. Merita tentare una risposta mi dico.
Ma quale?
Vien subito da dire, ma non dai sono per la massima libertà ognuno faccia quel che vuole come vuole quando vuole e con chi vuole, sono per la massima libertà. Non esserlo al giorno d'oggi non va bene, dopo il '68, il solo accenno a discriminare chichessia espone al ridicolo ma più spesso al controgiudizio.
Io poco so del mondo della bicicletta al quale mi sono affacciato da adulto.
Da ragazzetto la bici, l'unica bici per me era quella che pedalava Moser, e il mio preferito Saronni. E anche qui e siamo solo all'inizio si aprirebbero discussioni discriminanti che non voglio toccare.
La bici nella mia esperienza primaria è stata gioco, divertimento, avventura, prova di coraggio, poi solo dopo anche mezzo sportivo.
Ci giro in torno alla domanda di Carlo, che cos'è che spinge ciclisti amanti della bicicletta ad ironizzare, a volte in modo molto aggressivo, altri ciclisti amanti della bicicletta?
Non ho idee chiarissime in merito.
Penso, per quel che ho visto, e poco ho visto, che il rapporto con la bicicletta sia disiplinato da comunità di persone spesso piuttosto autoreferenti. L'autoreferenza è un semplice e rudimentale modo per sostenere la propria identità; l'autoreferenzialità è spesso un modo per semplificare l'incontro con l'Altro (e mi tocca scriverlo con la maiscola) con il Diverso da noi.
Con l'etichetta stradista mi pare che si designi un tipo di ciclista, che mima e riproduce in piccolo i vizi e le virtù del ciclismo professionistico. Ma non solo questo. Mi pare che l'etichetta rimandi ad un'idea di uso della bicicletta di tipo onnipotente e rozzo. Sì, stradista mi pare sia un sinonimo di rozzo. Come di chi non sa assaporare il bello della vita, e parlo della vita ciclopedalante ovviamente (anche se a volte l'etichettatura scende più in profondità, coinvolgendo aspetti non ciclopedalanti della persona), di chi segue le mode senza scegliere, di chi vede nel compagno di pedalate solo un avversario da battere, di chi solca strade senza accorgersi dell'ambiente che lo circonda (testa bassa e via pedalando...).
In altre forme ma con analoghi meccanismi si può giudicare una scelta sessuale, o una politica (ammesso che di questi tempi si possa ancora fare!), per tacere delle scelte religiose: c'è la sotterranea idea che esista il Giusto e il Vero e quindi lo Sbagliato e il Falso.
Mi pare, e non ho difficoltà a rintracciarli in me, si attivino dei meccanismi mentali molto ancestrali e basici che definiscono un campo: chi sta dentro e chi sta fuori. L'etichettatura diventa una modalità che orienta e disciplina questo meccanismo mentale e conseguentemente il discorso che da esso prende vita.
Alla domanda iniziale si possono trovare infinite risposte che confermano la bontà stessa (la Verità) delle risposte, e più si cerca di rispondere più ci si allontana dal Vero, che per sua definizione è ineffabile.
Il gruppo lobico non sfugge, secondo me, a questi meccanismi, per i motivi che ho detto alcuni pensieri e giudizi tendono a rafforzare l'identità del gruppo.
Ma penso anche che la curiosità e la voglia di incontro siano dei buoni antidoti. Il gusto del provare nuove esperienze, se ben condotto obbliga al confronto, alla conoscenza e quindi riduce molto la rigidità dell'etichettatura.
In tal senso la comunità lobica, pur essendo un gruppo molto elitario all'interno del più ampio gruppo dei ciclopedalatori, mostra forti chiusure etichettanti ma anche intensi amori che conducono alla contaminazione e al depotenziamento del giudizio.
Penso sempre che la linea che traccio a demarcare un campo per me passa sempre per la passione che uno ci mette nel fare le cose. E la passione se appassionata porta con se sempre delle gemme, la difficoltà maggiore è quella di riuscire a vederle, anzi forse, almeno per me la difficoltà maggiore è trovare le parole per descriverle, e spesso mi pare che anche ad altri accada.
Difficile è dire ma forse ancor dipiù ascoltare.
Un grande psicoanalista, diceva che per lui era fondamentale ascoltare i suoi pazienti senza memoria ne desiderio. Non è facile, e non è detto che lo si debba fare fuori dalla stanza dell'analisi, ma a me pare una sfida interessante al limite dell'umano.
Ci sono poi gruppi o persone che agiscono e sono poco interessati a rintracciare un senso in quello che fanno, e nuovamente sto ricreando delle gerarchie (chi pensa e riesce a ricostruire e comunicare un senso a quello che fa è Superiore a chi non lo fa!) discriminanti; non è facile sfuggire al giudizio. Tocca ascoltare, tocca dire, tocca fermarsi, e spesso andando a 45km all'ora non si ha tempo, forza, voglia e fiato per farsi capire...
Servirebbe tempo e voglia, gli strumenti ci sono, per ricostruire le culture prodotte da microgruppi ciclopedalatori: gli stradisti, i discesisti, gli amanti della fissa, i singlespeeders, gli agonisti, gli amanti delle gare endurance, i viaggiatori compulsivi: ogni gruppo ha una sua cultura di riferimento, spesso una persona appartiene a più comunità, e non è detto che a tutti sia chiara ed esplicita, la cultura di riferimento: spesso non lo è, ma agisce ed è costruita dal gruppo, dalle relazioni fra i singoli e da quelle dei singoli con il mondo esterno (e mi riferisco sempre al mondo della bicicletta).
Quali sono le linee di confine che orientano il discorso lobico?
Basta dire Chris King per riferirsi ad un mondo...ma di quale mondo stiamo parlando?

13 commenti:

BOB ha detto...

mah

Cene ha detto...

Ullaperdincibaccola Ema.....per il momento posso solo dire di essere molto felice di far parte di questo gruppo......per il resto mi rileggerò il post un pò di volte,sunti n'pò gnurant!!!!

Martino ha detto...

Eccellente riflessione!
Il concetto di autorefenzialità e di gruppo sono spesso indissolubilmente legati, divenendo strumenti per la ricerca di un'identità distintiva ad ogni costo. Purtroppo, a mio parere!

Anonimo ha detto...

...ciao Martino, ben tornato fra noi....
ema

Martino ha detto...

Come la Madonna, ogni tanto appaio!!
Ciao Ema!

mr. friess ha detto...

non so perchè, ma gli stradaioli mi fanno lo stesso effetto...
incarnano il peggio del ciclista, ovvero di noi stessi.
però carlo ha ragione, alla fine ci crediamo tanto meglio perchè?

spiedo ha detto...

Ema ho letto e riletto, personalmente non ho pregiudizi, ho le mie idee e convinzioni questo è chiaro ma ho anche una certa esperienza. Sapevo che ti avrebbe dato strane sensazioni uscire con un gruppo di "stradisti" puri non eri preparato a farlo psicologicamente.... il mio divertimento era anche quello di leggere la tua reazione post giro.
Non li giudico so come sono e li rispetto.
Non pedalo con loro perchè so come sono e li rispetto comunque.
Li conosco e presi singolarmente alcuni sono anche dei bravi ragazzi ma in quel caso specifico è un gioco al massacro e va preso per quello che è .... rispetto quello che fanno è una loro scelta ma non mi vien voglia di uscirci.
Certo è allenante, certo si va forte .....
Nella mia situazione è già un miracolo se riesco a pedalicchiare qualche volta farlo a condizioni che non ritengo divertenti/gratificanti non mi piace per nulla.
Vuoi la Piton, la Wustel prendila e divertiti non pretendere che mi piacciano...
Io non sono uno stradista, non sono un biker, non sono un turista, non sono un freerider.... me vo in bici perchè me pias...

Tutti gli amici che chiamo Lobos o anche no sono amici su e giù dalla sella, ci sto bene e son sicuro che ce ne sono altri anche nascosti da quelle etichette che usiamo per dare un nome a tutto ciò che ci circonda.... anche tra gli stradisti!

Pace e amore a tutti soprattuto a tutte (che quando si fa zighi zighi si sta meglio tutti, anche gli stradisti.....ammesso che lo facciano... una volta sentito il preparatore, il farmacista, ecc...)

Anonimo ha detto...

MI AVETE MERAVIGLIATO, CON TUTTO IL RISPETTO PER CHI SCRIVE,E PER CHI COMMENTA ,MA PER ME LA BICICLETTA OLTRE CHE ESSERE UN MODO DI MOVERSI E PURE UN MODO DI CONOSCERE PERSONE ,STA NOI FAR SELEZIONE .COME NEL MONDO DELLA SAVANA CHI CORRE PIANO E CHI FORTE.... savana

Chicco27 ha detto...

Non sono un Lobos, ma mi considero un amico e quindi mi permetto "un'intrusione".

Ema, mi sono fatto le tue domande molto tempo fa, non ho mai trovato, ne troppo cercato le risposte....tu mi hai anche confuso di più...è sempre un piacere leggerti.

Ora ti confondo io:
sull'MTB ho una Kris King....sulla bici da strada ho....una Kris King....come la mettiamo ora?!?!

bye Chicco

NB: comunque chi va a 45 all'ora, resta solo...a prescindere!

Ilaria ha detto...

Credo che in fondo la domanda sia mal posta, ovvero, che la domanda si possa modificare, cambiando l'oggetto.
Perché ce l'avete con gli stradisti? Intanto penso che non sia esattamente così, almeno da parte mia. Piuttosto lo stradista è il rappresentante a noi più visibile della "fissazione" per qualcosa, dell'esasperazione in un comportamento. Lo possiamo sostituire anche con chi fa esclusivamente discesa, e non sa più cosa vuol dire pedalare, ma succede che i discesisti siano mediamente più divertenti e disposti al divertimento degli stradisti e quindi più raramente oggetto di scherno. L'ironia per gli estremi in fondo è positiva, se ci permette di mantenere la lucidità necessaria per riconoscerla anche in noi stessi e quindi poter ironizzare sulla mia incapacità ad andare in discesa e sulla mia irritabilità, sulla mania compulsiva di Antonino di comprare, sulle fisse di Spiedo su una serie innumerevoli di componenti, sulla terrore di Ema di non essere corretto e rispettoso, sul desiderio di Marcello di diventare il maggior collezionista di bici Kona al mondo.
Comunque ha ragione Savana.

gallinarandagia ha detto...

Ilaria sono molto d'accordo su quanto dici tranne sul fatto che ...non sono io che cerco di comperare bike o telai...SONO LORO CHE VENGONO A ME !!

Carletto ha detto...

Queste biciclette e questi telai che si incollano alle mani!! Bisogna fare qualcosa, non se ne può più, i garage sono ormai pieni, non ci sono più spazi liberi.
DISASTRO

Carletto ha detto...

Ema io volevo solo dire che la DIVERSITA' è bella e nella diversità di andare in bici ogniuno di noi si colloca. Dobbiamo rispettarci per quello che siamo e per l'appagamento personale che ciascuno ottiene andando in bici a suo modo. Non bisognerebbe solo essere estremisti, essere liberi vuole anche dire lasciare liberi gli altri di pedalare e comportarsi a proprio piacimenti senza andare a ledere la libertà del prossimo.
Volevo concludere che non è vero che a 45 si è soli o si resta soli, c'è sempre qualcuno davanti o più avanti di te. In ogni caso c'è il vento, la velocità, le emozioni e la fatica che ti accompagnano sempre nel tuo viaggio.