Chi sono questi due personaggi?
Quello baffuto si chiama Felipe è brasiliano. Alto due metri per 105 kg di peso, completamente glabro se si eccettua una spaventosa massa di capelli rossi, raccolti in decine di treccioline accuratamente trattate. La paritolarità che balza agli occhi del dottor Steel è che i mustacchi sono neri ma i capelli no. Lui non sa che la bizzarra manifestazione fenotipica è frutto di alchimie generazionali che affondano nella storia familiare di Felipe. Madre irlandese, padre brasiliano: le cose potevano risolversi in un medio castano scuro, e invece il piccolo Felipe già a 6 anni mostrava, in modo inquietante, che a volte anche i geni possono essere egoisti.
Per molti anni ha fatto il camallo al porto di Genova, frequentando ogni genere di persona.
L’altro viene da Ulan Baatar, si fa chiamare, Bacì, nomignolo affibiatogli da una ciurma di marinai ingauni conosciuti a Zanzibar, quando per guadagnarsi da vivere vendeva il suo corpo al migliore offerente. Pare che la domanda eccedesse di non poco la generosa offerta.
Il mento coperto da una fittissima foresta di ispidi peli neri come la pece, un paio di baffetti confuciani, di altezza consona alla sua genetica asiatica. Da molti anni cerca di raggiungere il Satori, ma senza apprezzabili risultati. Della famiglia non si hanno notizie certe.
I due si sono conosciuti a Santiago di Cuba, in un campo di rieducazione per cittadini deviati. Sedotti dal verbo comunista di Fidel, compresero abbastanza rapidamente che le parole possono essere pietre, ma che le pietre sono comunque più dure delle parole. Provarono a tirarle, le pietre, all’indirizzo del Lider Maximo dopo la terza ora di relazione alla manifestazione del I° maggio a L’Avana. I barbudos non gradirono. Furono rinchiusi in un penitenziario rieducativo. Lì Bacì conobbe Felipe ed ebbe i suoi primi contatti con la millenaria cultura dei Veda. Quasi un ritorno alle sue origini.
Non ci è dato sapere come siano arrivati nell’isola caraibica, ma sappiamo che ne sono fuggiti a bordo di una rudimentale imbarcazione da loro soprannominata il Verdone.
Il dottor Stell pare riprendersi quando sente il rumore di passi che arriva dal corridoio, forse spera di potersi liberare di Ursula.
I due entrano nello studio e la parola aiuto gli muore in gola. Sperava, forse, di incontrare persone diverse. Da qui si deduce che il dottor Steel, ha dei pregiudizi.
-Però niente male questa casa, Felipe!
-Bacì, ma quella non è una cravatta di Marinella? urla giulivo Felipe.
Felipe si ferma, guarda il povero dottore, si avvicina prende la cravatta fra le dita, la stringe fra pollice e indice la strofina lentamente con estrema cura; gli occhi socchiusi, la lingua che schiocca un bacio al nulla. Un mugolio di piacere si spande per lo studio.
-La riconoscerei fra mille è proprio una cravatta di Marinella.
Il dottore si dimena, cerca con le ultime energie di sciogliere il nodo che lo tiene prigioniero, ma senza grandi risulati.
-Mi aiuti la prego, quella donna mi tiene prigioniero, mi liberi perfavore! mi liberi…
Il brasiliano lo guarda perplesso e gli chiede se può provarsi la cravatta.
Il dottor Steel inizia a piangnucolare sommessamente. Felipe interpreta questa azione come un assenso.
Sfila la cravatta e se la mette.
-Come mi sta, Bacì?
-Da dio Felipe, da dio! Risponde serio Bacì.
Ursula prosegue la sua operazione di affilatura, totalmente assorbita nel suo lavoro.
Felipe si guarda intorno vede il divano che usualmente il dottore utilizza per i propri pazienti e ci si stende.
Bacì si siede sulla scrivania di spalle ad Ursula ed inizia a recitare: “Coloro che provano attaccamento per il godimento e per la potenza hanno il pensiero catturato da tale linguaggio; in loro l’intelligenza, benché per natura propria alla decisione, si mostra inadatta alla contemplazione equilibrata.” Si ferma e poi riprende da capo a recitare “Coloro che provano…”.
Il dottor Steel esplode in un urlo disumano, -nooo lei entra in casa mia, il suo amico si mette la mia cravatta di Marinella, nooo, lei inizia a recitare la Bhagavadgita…la voce sale di tono, diventa sempre più stridula e irriconoscibile, - mi avete rotto i coglioni, ma cosa volete?.
Ursula interrompe la sua operazione. Posa il rasoio sulla scrivania, si alza e molla un manrovescio secco e preciso. Il dottore si tace.
-Non usare queste parole volgari in mia presenza. Non lo fare mai più!
Nella concitazione dello scontro, si sfila il calzino firmato; a questo punto il sommo luminare è completamente nudo.
Nello stesso momento Jolanda rientra a casa in preda ad un’ansia spasmodica, appoggia il cappotto grigio pantegana sulla sedia del tinello e chiama il marito per raccontargli dell’uomo con la gamba autarchica.
18 gennaio 2009
DERIVE (parte quarta)
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8 commenti:
sempre più fuori1 sono curioso per cosa combinerà Jolanda!
Ema azzo fai vai avanti a scrivere..... suvvia qui si muore di curiosità!
Comunque Spiedo sapeva già qualcosa ieri !!!
Non vale, riservo assoluto
@Zio: no nulla! O asso, Spiedo inizia a leggermi nel pensiero, addirittura i pensieri che ancora non ho pensato.
Beh io come suo editore so leggere tra le righe dei suoi scritti e vedere le prospettive della narrazione meglio di altri...
questo è un nuovo romanzo!
Siete dei finocchioni vi abbiamo beccato in castagna
@Zio: la realtà è più complessa. Le preferenze sessuali, sono mutevoli; Bacì e Felipe hanno molto visstuo e molto amato. Più rispetto.
ema
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