18 aprile 2011

Momenti topici al Fiandre

Questa spedizione al mio primo Fiandre mi rimarrà impressa in maniera indelebile nella memoria, e alcuni momenti in particolare.
Il viaggio, con Antonino driver e protagonista, con il suo monovolume
dotato di ogni comfort, tra cui: porte elettriche, bottiglie d’acqua, radio, due telefoni, macchina fotografica, sedili reclinabili anche dietro, due navigatori ed un fantastico vano portaoggetti refrigerato. Lui il padrone del mezzo ci dice che serve per tenere in fresco le bibite durante i lunghissimi viaggi di lavoro!
Sul rapporto Antonino-Navigatore si potrebbe scrivere un trattato di psicologia.
France mi tenti, mi getti l’amo con il boccone avvelenato. Bene accetto.
Antonino ha un rapporto sado-masochistico con il suo navigatore. Si amano e si odiano al tempo stesso. Sono legati da una relazione intensa e perversa. Antonino ha cercato di limitare la potenza del navigatore togliendogli la voce, ma lui, maliardo ammasso di silicio e plastica, lo incanta con policrome immagini.
Ogni bivio diventa una verifica della loro relazione, ogni bivio è il momento della verità: chi ha il potere di far fare la scelta giusta? Chi comanda? La risposta equanime e buonista va nella direzione di una mutua alleanza per il bene comune: arrivare a destinazione in tempi ragionevoli seguendo la via migliore.
Questo a volta accade, a volte non accade: siamo in un periodo storico difficile, il crollo delle ideologie dominanti ha sciolto ogni residua speranza di orientamento certo e sicuro. Si naviga a vista: il navigatore è maschio, ma quello di Antonino ha voce femmina!
Antoninooooooo a destra osti….il gruppo compatto urla selvaggiamente.
Un par di palle di bue chianino, mi vuole depistare io so che la strada migliore è a sinistra…
E via a sinistra. Per giorni cercheremo di imboccare un tunnel che magicamente avrebbe dovuto trasportarci da Bruxelles a Ninove, non ci riusciremo mai! Faremo sempre strade diverse visitando tutti i quartieri, tutti i giardini, inclusi quelli condominiali, tutte le strade secondarie terziarie e quaternarie.
Un calvario, una via crucis.
Molte le soste, che contrariamente ai miei principi di viaggio si sono fatte
assolutamente a caso, e ogni volta per motivi diversi e mai cumulative!
Però ci siamo fatti una cultura sugli autogril di mezza europa e abbiamo visto
anche degli elegantissimi ciclisti della Kuota.
Sosta pranzo, anche questa soffertissima, dopo aver mancato la brasserie Fisher,
altre decine di locali elencati dal potentissimo navigatore Nr. 1, un autogrill che schifava Bob e Antonino (quelli della Kuota i panini finti li hanno mangiati) ci siamo lasciati guidare dal caso e siamo usciti dall’autostrada, poi, a caso a destra e nel primo paesino dopo un paio di strade cieche, ecco Chez Nath, un simpatico baraccone, che alla fine si rivelerà uno dei pasti migliori del viaggio.

La provincia francese offre sempre motivi di stupore.
Il baraccone è inserito in un meraviglioso sito comunale posto al margine di un parcheggio nonché deposito di bombole del gas, in prossimità di una gentile quanto inutile rotonda. A pochi metri una scuola elementare: bambini vocianti premono al portone per entrare: le insegnanti barricate dentro fanno gesti osceni all’indirizzo dei genitori: avec le belin que nous vous aprons le portons. I bambini piangono, alcuni genitori simpaticamente danno inizio ad una sassaiola.
Noi abbiamo fame!
Nath è una figura mitologica incrocio fra la maga Circe e Catherine Deneuve con una spruzzata di sora Lella.
Gli avventori hanno un’età indefinita, forse sono i nipoti diretti dei Proci, compresa fra i 60 e i 120 anni. Fisici allenati all’abuso enogastronomico. Il clima familiare favorisce il rilassamento e l’aumento della produzione di globuli bianchi, strano fenomeno allo studio del dottor Gallo.
Il baraccone è composto da un casotto simile ad una roulotte con veranda, qualche tavolaccio sedie sbilenche semplici attrezzi da cucina il tutto immerso in un nauseabondo odore di olio fritto e grasso rancido che stimola una iperproduzione gastrica da primato.

Nous vulevan savuar se vus seguez le normes HACCP? Domandiamo trepidanti; Nath arriccia il naso si gratta la folta chioma fulva si sporge con il busto prorompente dal bancone e afferra Bob per un orecchio. Non dice nulla glielo torce violentemente trasporta, l’orecchio, dall’altra parte del bancone e lo addenta selvaggiamente. Gli avventori sorridono: “ah les italiens…”
Noi diventiamo piccoli piccoli ruotiamo il corpo di 180° e facciamo per avviarci verso la macchina, abbandonando Bob al suo destino. I simpatici avventori ci bloccano la strada: voulez vous manger de la viande?
Mestamente ci sediamo al tavolo ed ordiniamo. Chiediamo gentilmente che sia restituito l’orecchio al legittimo proprietario. Ne nasce un’accesa discussione che grazie alle abili doti mediatrici di France si comporrà in un compromesso. Noi ci sediamo e Nath può trasformare il morso ferino in un più blando e sensuale slappamento lobare. Bob prova ad opporsi ma gli spieghiamo che nei gruppi uno si deve sempre immolare: tutti per uno uno per tutti.
Noi ci sediamo lui viene momentaneamente fagocitato da “chez Nath” dietro il bancone.
Tutti felici e contenti ordiniamo piatti ad alto contenuto di grassi animali e non.

Personalmente trovo tutto molto saporito, unico neo: l’insalata è condita con l’immancabile vinaigrette: un composto bianchiccio che i cugini d’oltralpe si ostinano ad usare per violentare le verdure crude. Un abominio.
In un impeto sadico domando: mais vous avez de les zucchines trombettes ingaunes? Terribile l’urlo di Bob, capisco che Nath non apprezza la domanda e torno al tavolo.
Visto che siamo in viaggio e che abbiamo fatto circa 600km e altri 350 ancora ci attendono, mangiamo come naufraghi e beviamo liquidi alcoolici come cammelli prima della transumanza; alla terza birra mi pongo il problema: Anto’ ma poi non devi guidare?
La mia domanda cade come un sasso in un pozzo artesiano ormai prosciugato da millenni.
Riusciamo a rientrare in possesso di Bob promettendo a Nath che glielo avremmo riportato entro domenica.
Ormai la strada è spianata, si viaggerà in uno stato di coscienza molto alterato prossimo alla narcolessia. Il navigatore prenderà possesso del mezzo e ci condurrà a destinazione.
L’unica immagine che il mio cervello riesce a ricordare è quella di Mr Magoo…poi più nulla solo sonno agitato.

Arrivati in albergo dopo alcune manovre in un garage progettato da nani, in cui il nostro driver ha fatto i miracoli, ci siamo diretti a cena. Dopo aver invidiato
l’altro albergo prenotato da Borz (sempre catena NH su suggerimento dello zio..)
ci siamo piazzati al Cafe des Artistes, dove ci accomodiamo grazie allo sfratto di un molesto avventore spagnolo ubriaco, che uscirà grindando “Mierda!”
Qui Mario ha fatto valere il suo ruolo di capitano doppiandoci sulla quantità di birra.
Sospetto che Mario abbia un fegato dotato di superiori capacità elaborative: tipo bomaso ed abomaso, pieno di anfratti, cubicoli, stanzette, cantine, taverne e sotterranei. Organo post-organico aduso ad elaborare in tempi rapidissimi ingenti quantità di alcool.

Sabato mattina incontro con i superstiti del viaggio notturno, facce sconvolte,
forti tensioni sottopelle.
Bob sapeva della chiusura notturna del San Gottardo…
Ema naturalmente non si trova, viene avvistato da Spiedo, è solo, in un Exki a fare
una colazione bio-naturale a base di the, mela, yogurt... gli altri tutti da Hagen Daz a cappuccini e muffin.
Che scoperta a Bruxelles, caro France: Exki. Il locale ideale di ogni cattocomunsita post terzomondista veteropedriniano, ahh una goduria perversa.
L’Olimpo della falsa coscienza alimentare.
NH comunque pessimi, camere consegnate solo alle 15, vergogna,
consiglierei allo zio di stracciare la tessera punti e rivolgersi solo ad albergatori biodinamici.
Le facce dei superstiti: tanti Ben La Cosa che si aggirano per Bruxelles. Una devastazione.
La notte insonne, il peregrinare per lande e contrade di mezza Europa ha fiaccato solo momentaneamente fisici che il giorno successivo daranno prova di quanto l’umana volontà possa vincere le avverse condizioni della vita.

Venerdì prosegue con tour de force a Bruges, bellissima, con visita turistica rapida, e poco approfondita dal punto di vista culturale (non doveva esserci un museo di pittori? Mah..), pranzo con omelette e birra. Poi mega coda in autostrada verso Ninove.

Propongo la gita in barca lungo i canali, vengo insultato in tre differenti lingue e quattro dialetti.

Capisco, ci si rintana in una brasserie e ci si sfonda di cibo e birra, forse più birra che cibo: del resto come il Capitano dice spesso la birra è pane liquido. Siamo nel post moderno, se può esistere un navigatore maschio con la voce femmina esisterà anche il pane liquido.
Il ritiro dei numeri è tranquillissimo, 5 o 6 addetti che ti consegnano la busta,
senza tante menate, ma attenzione, NON C’E’ IL CHIP!! (citazione membro Kuota).
Il Membro Quota è perplesso: giustamente ad una gara internazionale ci si aspetta il chip: se non hai il chip come fanno a controllare la classifica. Proviamo a spiegargli il senso del Fiandre, nuovamente sentiamo rumore di pietra dentro il pozzo artesiano ormai secco da millenni. Il Membro Kuota inizia a piagnucolare.
Proviamo a consolarlo elencando in ordine alfabetico tutte le Gran Fondo e Medio Fondo in programma fino a settembre. Il giovane uomo sembra riprendere fiducia in se stesso, ma poi ad Antonino scappa di dire che ad ottobre ci sarà anche l’Eroica….e giù lacrime a fiumi, allora prendiamo la decisione solenne e dolorosa di elencare in ordine sparso tutti i farmaci che aumentano in modo esponenziale le prestazioni sportive. Il sorriso torna ad ornare la bocca fremente del Membro Kuota.
Noi si va, la nostra buona azione quotidiana l’abbiamo fatta.
Stiamo per rimetterci in macchina e Anto’ si blocca: minchia la crema….dai Anto’ sempre a pensare al cibo, casso….dai è tardi…
Ma che cibo, urla: “la crema per il fondello. Orpo la crema per il fondello!”
Ora devo dirlo, a Ninove si è sfiorato il dramma.
Cinque uomini adulti entrano in un negozio e chiedono ad un altro uomo adulto mai visto e conosciuto: “please du ju av cream for anal pleasure? Ies, anal cream for long pleasure, bike trip, long long trip…perineal sactifaction, cream for long long pleasure…”
Immaginate la scena: il venditore fiammingo due mustacchi a manubrio occhi di fuoco indica con il dito Bob. Noi dai diciamo tutti in coro Bob no! dobbiamo riportarlo a Nath, glielo abbiamo promesso, poi chi la sente quella….
Intuiamo dal francofiammingo che la crema potrebbe anche trovarsi ma la posta in gioco è Bob.
Ci appartiamo, veloce conciliabolo, Bob non vuole collaborare. Non se ne fa nulla, Anto’ dovrà fare a meno della sua crema, ma la reputazione di Bob è salva. (Si scoprirà poi alla partenza che la crema era nella borsa di Antonino…)

Sulla via del ritorno, in coda per il traffico si disquisisce lungamente sul numero di autovelox presenti sulla strada Ninove-Bruxelles, sui belgi sanguisughe che per tirar su quattro lire usano tutti i mezzi (anche a Pandino comunque ..) al limite del lecito e dei 70 all’ora.
Il giorno della gara nel trasferimento da Bruxelles a Ninove collezioneremo una decina di flash.
In macchina gira voce che ormai sia stata approntata una banca dati europea: se commetti un’infrazione in un paese straniero poi la banca dati europea ti scova e ti manda a casa la multa. Si apre un piccolo dibattito sulla possibilità che esista una tale organizzazione sovranazionale. Stranamente la discussione vede una polarizzazione di idee piuttosto rigida e non dialogante: il pilota, di origini trinacrie non contempla neanche lontanamente la possibilità che si possa anche solo ipotizzare una simile limitazione della libertà individuale.
Gli altri quattro componenti del gruppo, di fiere e indomite origini celtopadane, invece ritengono che ormai viviamo in un mondo globalizzato e che la multa a casa ti arriva eccome.
Vedremo come andrà a finire.
La sera, ci si ritrova, tutti stanchi, è il momento del carico di carboidrati, fortuna che alla birreria Leffe hanno il: “piatto del ciclista, una montagna di tagliatelle con sopra del gustosissimo pollo arrosto e speziato! Ecco è quello lì sul menù, dove c’è scritto poulet..”!!

Spiedo si illude prima in una carbonara e gli va di gran culo che sia una carbonade (carne cotta nella birra) e poi con delle tagliatelle fantasma.
La cameriera e la cucina non si capiscono, piatti non arrivano, scene di isteria, alcuni saggi prendono delle tagliatelle con prosciutto o con salmone, la Leffe Ruby è l’unica cosa decente.
Mi portano un piatto piuttosto grande e molto fondo. Pieno a metà di un liquido giallastro.
Guardo sconsolato la portata, prendo la forchetta ed inizio a rimestare lentamente alla ricerca di reperti organici. Rinvengo una coscia di pollo, penso, bianchiccia, di un bianchiccio spettrale.
Provo a pizziacarla ma nulla, sembra avere una consistenza non feribile.
Proseguo a rimestare sempre più depresso: afferro la coscia di pollo e la addento. Sapore classico del pollo post-organico: plastica aromatizzata. La mangio lentamente e intanto faccio esercizi di immaginazione guidata. Penso alla torta fritta, poi proseguo immergendomi in soffici materassi di pasta al forno, fantastiche nuotate in caldi ragù. Riemergo rinfrancato, provo ancora allora funziona. Mi pare quasi di sentire l’odore del guanciale che si abbrustolisce sfrigolante, la pasta fumante, l’uovo crudo che amalgama il tutto, profumo quasi acre del pecorino. Piango e mastico, mastico e piango. Lentamente arrivo alla fine della coscia, alzo gli occhi e vedo France di fronte a me che inclina il piatto e sorbisce avidamente il brodo giallognolo. Lo seguo, lentamente travaso il liquido caldiccio dal piatto al mio esofago.
Ormai è fatta. Cosa potrà mai essere il Muur Kapplemuur, cosaaaaaaaaaaaaaaaaa………

Alle 4,30 finalmente si parte, con due clandestini nel capiente baule del prodigioso monovolume, appositamente svuotato per fare spazio...
Bruxelles ci stupisce, pullula di vita notturna, ma appena fuori dalla città tutto deserto, e allora, tanto vale cercare di arrivare un po’ prima... il copilota langue, Mario cerca di avvertire all’ultimo momento, un lampo squarcia le tenebre, subito seguito da un secondo.
“Oh, ragazzi, si divide eh?!”
Si si vai Anto’, si divide, tanto la banca dati europea è una cazzata….
Bocche strette e nasi che si allungano a dismisura!

Della partenza ricordo la mia gomma bucata prima ancora di tirarla fuori dalla borsa, ma meglio così che sul pavé, il fantastico rimorchio porta-bici a doppio strato del pullman, Antonino concitato che corre avanti e indietro e raccoglie le chiavi di tutti i mezzi lobici, pur avendo altre scarpe di scorta in auto (e fortunatamente una borsa capiente sulla bici per le chiavi), la colazione condivisa grazie alla previdenza di Ema e il prosciutto di Cene.

Il buio e il fresco della mattina presto schiaffeggia la pelle del viso.
Sono momenti quasi solenni. Le bici vengono rapidamente sistemate nel rimorchio, una ad una, con perizia e grande velocità.

Sul pullman occupiamo i posti dietro ed ha inizio il rito cannibalico: cibo a profusione non per tutti ma per molti.
Visto il mancato carico di carboidrati della sera precedente France ed Io ci siamo attrezzati per una colazioncina a modo: pane, marmellata, biscotti il tutto integrata da un certo numero di panini al prosciutto e annaffiata con succo di frutta.

Naturalmente andando alla piazza della partenza (Maarketplaz) ci si perde inevitabilmente in due gruppi e si parte subito in recupero sui fuggitivi, con Carletto che sprinta via sulle ciclabili.
La tensione si stempera, rientriamo in gruppo con altri ma noi siamo tutti insieme, in branco.
Forse si stempera troppo, perché nessuno bada ai cartelli gialli con le frecce nere e così si va dritti sulla ciclabile. Meno male che era tutto piatto.
Si piatto un par di palle di toro chianino incazzato: alla fine del giro il dislivello si aggirerà sui duemila metri. Certo non molti in termini assoluti vista la lunghezza del percorso, ma comunque moltissimi, vista la lunghezza del percorso.
Ma dico casso non siamo ancora partiti che già ci siamo persi.
Ci ritroviamo per riperderci subito in compagnia di altri ciclopedalatori. Sarà poi un fiammingo benzinaio a rimetterci sulla giusta via: non è bello avere la prospettiva di dover fare 258km e perdersi a pochi metri dalla partenza, ma questo è accaduto.

Recuperato il percorso principale il gruppo si sgrana, Carletto si lancia in testa seguito dai soliti esaltati, Ghido e Ema su tutti.
Ma porca di quella porca sozza lurida putridissima. Mi dico casso devo fare 258km e mi metto a giocare con Carlo, mannaggia la mannaggia.
Me lo ero detto e ripetuto come un mantra tibetano: tu vai tranquillo, pedali regolare regolare, dai qualche cambio, ma senza esagerare, vai tranquillo.
Zac mi ritrovo a pedalare come un dannato dietro alla locomotiva di Sassuolo.
Ma porca di quella porca lo devo dire: mi è piaciuto.
La cosa stupefacente è che quando lo stavo facendo ero totalmente dimentico delle parole mantriche, totalmente. Penso sia il modo di ragionare dei bambini ecco!
Io non so andare in bici e subisco il fascino di Carlo a cui riconosco uno stile, oltre che una prestanza fisica, indiviabile.
Penso che ciò che gli invidio non è il fisico tonico e prestante, la posizione in bici, sempre misuratissima, le prestazioni da cronoman, no tutto ciò è solo la crosta, la sostanza è data dal rapporto d’amore che ha con la bicicletta e con il pedalare; ecco quello è invidiabile, il resto consegue.
Ovviamente in queste azioni insensate e paniche il compagno migliore da avere al proprio fianco è certamente Ghido: sublime interprete dell’inutile scatto.
Per parecchi kilometri ci mettiamo a correre dietro a Carlo, di stargli davanti non se ne parla neanche. Mi faccio prendere dal gioco.


Un altro gruppetto rimane staccato e in mezzo noi si cerca di tenere un ritmo regolare, fino al primo ristoro dove ci si ricompatta e si prosegue verso i muri, scortati dalla moto della polizia.
I primi muri traggono in inganno, sono corti e bassi, Spiedo ne approfitta per uno scatto poderoso e stacca tutti sul secondo.

Poi il primo tratto di pavé, piuttosto fastidioso, ma sopportabile.
Ema buca, ci si ferma ad aspettarlo, da bravi compagni rimirando la campagna e le pecore per un tempo interminabile. Finché si spiega la sparizione, non pago del primo errore di percorso non ha notato un bivio e è andato dritto, nella campagna, parlando del più e del meno, come fosse a una scampagnata con la famiglia.



France dice il vero, ma cela un particolare: il mio compagno di merenda è Andrea il falso magro. Mi aiuta a cambiare la gomma e poi ci avviamo felici e ignari del bivi. Si prosegue per un tot di km e poi al secondo bivio, ci assale un dubbio: ma come mai non ci sono più le indicazioni? Proseguiamo trepidanti ma fiduciosi, al successivo bivio, nulla, deserto informativo totale.
Chiediamo aiuto, si regredisce ad uno stadio evolutivo post scimmiesco: i gesti del fiammingo sono inequivocabili, mano e braccio stesi in direzione opposta a quelle della nostra marcia.
Riprendiamo a pedalare parlando del più e del meno, dei problemi del capitalismo, alcune riflessioni sul concilio vaticano secondo, qualche riflessione sull’imperante mignottocrazia e pedala pedala in lontananza vediamo un ciclopedalatore vagamente conosciuto: è France!
Ci accoglie festante e affettuoso come il ricco mercante al ritorno del figliol prodigo, ci sentiamo nuovamente a casa. Il resto del gruppo troverà modi e tempi per insultarci e dileggiare le nostre fragili identità sessuali.
Il viaggio entra in una dimensione di routine, si pedala per un po’, ci si ferma a riposare, si riparte, si avvicinano le colline, ma i muri latitano, i tempi si allungano vertiginosamente, e le proiezioni sull’orario di arrivo si fanno preoccupanti. Carletto ripartendo dopo l’ennesimo ristoro esordisce con “vado piano ma non mi fermo più”, tirando, come ha fatto dalla partenza il 53x11.
Provo a stare a ruota per qualche km, ma è evidente che a quel ritmo rischio di non arrivare, dopo due brevi e dolci colline lo perderò definitivamente di vista.

Siamo ormai ben oltre la metà, le salite si fanno più frequenti e pendenti, e il gruppo si sgrana, ciascuno si aggrega con chi ha un ritmo simile e così ci troviamo con Mario, Luke, Perse, Page ad affrontare il vero Fiandre, il pavé e i muri (di pavé). Il leone appena vede un muro si scatena, lui sa.

Io ad ogni tratto di pavé perdo contatto, con gli altri e con me stesso, poi devo recuperare, i cubetti diventano un vero tormento, cerco ogni metro di terra, erba, cemento per alleviare i sobbalzi ma sono rari, e sui muri hanno transennato ai lati, giusto per farti stare bene in mezzo.
In salita si va piano, sembra di essere con la ss rigida, è sopportabile, ma in piano e in discesa è uno strazio, i belgi mi passano a velocità tripla e dopo un po’ non riesco quasi neanche a frenare.
Il pavè è intrattabile. Non ci sono parole per descriverlo: pura sofferenza. Sembra di essere catapultati dentro una lavatrice piena di pietre e terra; centrifuga a 1000 giri al minuto.
In salita ancora si riesce, vista la ridicola velocità, ma in discesa stento a tener le mani sul manubrio. Una lunga preghiera al mio angelo custode, che mi guiderà fino alla fine senza voli rovinosi.
Verso i duecento forse qualche cosa meno la lotta con il pensiero “ma ce la farò?” sembra quasi vinta. La fatica si fa sentire, ma per la prima volta in vita mia ho la netta percezione che è la mente a guidare le danze. Le ultime tre ore di pedalata sono un esercizio quasi esclusivamente mentale.
Leggera discesa indicazione di svolta a destra, sono in compagnia di Jd e Claudio, faccio per prendere la leggera salitella e mi vedo sbucare Ghido smoccolante: “ostican ho sbagliato strada!”
Il quartetto si unirà amorevolmente fino all’arrivo.
Incontrare Ghido, così quasi per caso, mi rinfranca; difficile da spiegare razionalmente ma la sensazione positiva si riverbera anche sulla pedalata.
Ci fermiamo ad un baretto, una decina di minuti di pausa, una coca cola e via: pedalerò fino all’arrivo abbastanza tranquillo.
All’ultimo ristoro ho ancora acqua e non ho fame, mi porto avanti sapendo che tanto verrò recuperato, così faccio il muro fino alla cappella da solo. Il panorama è fantastico, sembra di dominare il Belgio, le Fiandre, il Giro.

Mi fermo a fotografare Perse, mi perdo Luke che scatta veemente, cerco di buttarmi al loro inseguimento, ma sono di nuovo solo. Gli ultimi km però sono veloci, scorrono bene, recupero gente che vuole solo finire, mi raggiungono anche Mario e Page.
Mario ormai sente l’arrivo, lo conosce, lo fiuta, ci siamo, incrociamo quelli che tornano alle macchine, ancora due curve e c’è il rettilineo del traguardo, riesco anche a fare lo sprint finale per bruciare i tre o quattro che mi stanno davanti. Che esaltazione.
Siamo arrivati, abbiamo finito, siamo felici come bambini, che soddisfazione immensa!
Si la soddisfazione è grande e penso che aver fatto il Fiandre in lobica compagnia accresca il piacere dell’impresa!

Alla prossima.
France e Ema

9 commenti:

spiedo ha detto...

Ho riso ho sospirato e ho una lacrima di commozione al ricordo, grazie a tutti e due per il magnifico racconto di un week end da ricordare

Anonimo ha detto...

Che bel racconto. È stato uno spasso leggervi, e mi sono tornati alla mente tanti bei momenti...

Borz ha detto...

io ci penso ancora ogni giorno... indimenticabile!

Martino ha detto...

Che bello...che bello!

Mick ha detto...

Fantastic trip and writing - the quality of the words and humour works even when translated - we will be in Belgium in 8 days but no as fun without Lobos.

gallinarandagia ha detto...

è andata propio così...complimenti ! immagino che l'argomento gravel tour ,da suggerire allo Zio, quelli che abbiamo intravisto per tutta la Francia e buona parte del Belgio,ci state lavorando con un capitolo a parte ...

Nath ha detto...

Où est Bob? Où est Bob?!? S'il Vous plait .. Reviens vers moi .. J'ai de bonnes nouvelles pour Vous ..

gallinarandagia ha detto...

bob ti cercano....caaavoli tuoi...

France ha detto...

ahhhhhhhhh!
il commento della Nath me lo ero perso!!!!