10 settembre 2010

ANDARE A FONDO (seconda ed ultima parte)

Ma la solitudine dura pochi attimi, sono nel quarto cerchio, la tangenziale di Piacenza ormai deserta mi spinge a gettare lo sguardo oltre il triste nastro grigiastro.
In lontanza intravedo un uomo, anche lui solo, vestito di un abito lungo, sgancio i piedi dai pedali, accosto a bordo strada, scendo dalla bicicletta e mi avvio verso l’uomo ignoto.
Vedo in modo sempre più nitido i tratti somatici, intuisco lo sguardo vispo, la capigliatura rada, l’uomo non è più giovanissimo ma comunica un strana, data l’età, energia giovanile; sono nel quarto cerchio tutto ciò che è, appare diverso da quello che mostra la piatta superficie delle cose.
Lo sai mi dice l’uomo che sei rimasto solo, annuisco, non capisco, aspetto!
Erano in quattromila e ora non ci sono più, andati, via, scomparsi, insiste con voce suadente ma decisa. Tu sei rimasto indietro non sei fluido, la tua mente è piena di nodi che ti trattengono: nel tuo planning non hai implemetato un adeguato downshifting.
Ma io ti conosco, aggiungo perplesso…
No non ci siamo mai visti, ma io conosco te.
Il quarto cerchio ormai mi possiede completamente.
Tu hai bisogno di questo, e tira fuori da una sacca un pezzo di formaggio.
Odoralo, aspirane l’odore, abbandonati…
Mi porge un piccola particola del prezioso composto, lo avvicino al naso e aspiro l’aroma, da principio cautamente, poi con aspirazioni sempre più voluttuose e fameliche: l’aria satura di molecole odorose invade le narici ed esplode nel rinencefalo.
Cado.
Mi trovo in una valle ubertosa, mucche al pascolo, maremmani che vigilano sonnacchiosi, e tutto intorno una magnifica ed infinita distesa di zucchine trombette, l’intera valle è un immenso orto coltivato a zucchine trombette. Migliaia di fiori giallo-arancioni adornano le dolci ondulazioni del terreno.
Vedo una piccola abitazione, capisco che si tratta di un semplice ricovero utilizzato dal pastore per ripararsi dalle fredde notti in alta quota.
Mi avvicino.
Il pastore sta seduto a rimirare il suo gregge.
Tu devi nutrirti, tu hai bisogno di forza, mi apostrofa duro. Si dico, sempre più stupito.
Si alza pochi passi e coglie una bellissima zucchina trombetta, di un verde smeraldo abbacinante.
Me la porge, questa fa per te.
Non capisco, dico cosa devo farci?! Prendila!
Ma è cruda, non riesco a masticarla.
Sta qui il tuo errore, hai una visione troppo limitata e rigida della realtà: la devi incorporare, fai downshifting, liberati del superfluo.
Capisco che la realtà del quarto cerchio ha le sue regole l’inizio è la fine la fine è l’inizio: mi predispongo all’incorporazione della zucchina trombetta. Le labbra appena socchiuse il mantra sgorga dalla laringe: la bicicletta pulita offre meno attrito….
Sono sparato sulla prima salita. Ma come ero solo e ora siamo tutti qui impantanati, incolonnati, fermi ad aspettare!
Potere della zucchina trombetta.
Mi appresto a spingere la bicicletta in mezzo ad un’umanità dannata: il golgota del granfondista. Lunghi mesi di preparazione in sella e poi alla prima salita ci si trova a camminare spingendo il mezzo biciclico.
Mi fermo, e ad alta voce urlo la mia inutile domanda: perché tutto ciò? Perchèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèè?
Come d’incanto compare il camice bianco del medico del 118, suoni gutturali simili ad immonde bestemmie; prontamente mi siringa un gluteo: capisco che devo proseguire, comprendo che certe domande nel quarto cerchio non hanno nessuna risposta.
Guadagno la sommità della cresta e lentamente riprendo a pedalare, guardo gli umani al mio fianco hanno facce sfatte, respiri rantolanti, pulsazioni impazzite. Mi verrebbe da fare la domanda ma non la faccio, ho paura.
Dopo ogni salita che si rispetti c’è una discesa.
Mi getto insieme ad altri debosciati con il cervello ridotto ad una larva di mosca.
Dove andranno così di fretta è tutto un via vai di serpentine inutili, cambi di direzione fantasiosi staccatone da raccontare al bar e altre prodezze balistiche.
Il “mana” della zucchina trombetta mi guida sano e salvo fino alla valle.
Inizia un lungo tratto pianeggiante, si tratta del territorio prediletto dal mediofondista. Cerco inutilmente di agganciare qualche drappello di indemoniati, capisco che non ce la posso fare e “decido” di far quel che posso, ormai la forza della zucchina si sta esaurendo.
Vado benin benino per la mia strada e mi si incolla alla ruota una signora con la livrea marroncina del parmigiano reggiano: “posso starti dietro?”.
Anni di educazione cattocomunista mi impediscono di rispondere in modo adeguato alla domanda retorica.
La differenza, in genere, di approccio al problema del succhio di scia fra maschi e femmine è che i primi si accodano e stanno le femmine si accodano gentilmente chiedendo il permesso, ma pure loro stanno.
Capisco che si tratta di una gara, ma ormai è troppo tardi il falso piano va concludendosi e come d’incanto la signora parmigianoreggiana mi saluta, scala un dentino e va. Io ristò, lo sguardo perplesso, i moscerini che ronzano interessati sulla bavetta azzurrina che mi esce dal naso.
Dopo la discesa e il piano falso tocca risalire: l’inutilità dell’azione si mostra in tutta la sua evidenza: ma l’uomo è cocciuto e avido di imprese eroiche.
Traccheggio nel meriggio di fine estate, in lontananza vedo un bagliore sembra un fuoco artificiale, uno smeraldo oblungo, una saetta verde.
Cerco nelle tasche dietro la schiena qualche alimento che mi dia conforto. Nulla, trovo solo un redisuo cartaceo del supplemento de “il ciclofondista”, lo rollo avido e me lo fumo. Sai che fa male fumare! Un vecchietto sui 65 anni di carnagione diafana, con i polpacci leggermente più piccoli del mio torace, mi sorpassa a velocità quasi doppia e urla il suo disprezzo.
Mi sento in colpa accellero, e fumo, accellero e aspiro, accellero e trattengo, accellero e lui sempre più forte, sto quasi per raggiungerlo faccio per mandarlo a cagare, si gira e sento la vocina arrotata di Giulio Tremonti che mi urla: “pedala, pedala, che lunedì ti mando il controllo e poi voglio vedere se te la fumi ancora la droga, testa di cazzo!”.
Decellero per allontanarmi dall’orrida visione, una luce accecante mi tramortisce, facendomi cadere dalla bicicletta.
Batto la testa contro una radice perdo conoscenza.
Un leggero solletico al collo mi riporta alla realtà.
Apro gli occhi e vedo due uomini, mi sembra di avere un’allucinazione, sono vestiti da ciclisti, ma uno ha il collo adornato da un magnifico boa rosa e viola che mi ha dolcemente riportato al mondo. Ma voi chi siete? domando timoroso (e penso fra me e me devo smettere di fumarmi il ciclofondista), Bepi e Bacì, stiamo andando a Genova.
Io invece sto cercando di ritornate nella triste e fetida placa, verso Piacenza.
Se vuoi ti diamo un passaggio, facciamo una piccola deviazione. Sono perplesso, quello con il boa rosa ha dei baffi che non promettono nulla di buono, e l’altro sta bevendo una lattina di birra king size dietro l’altra.
Dai si fa un pezzo di strada insieme.
Acconsento con una certa riluttanza.
Faccio per salire sulla mia bici e mi sento apostrofare: ma che fai? Sei nostro ospite, da dietro un cespuglio vedo sbucare il tipo con il boa, a cavalcioni di un tandem, prego accomodati. Salgo sul mezzo, di un verde bellissimo, mi ricorda tanto la zucchina trombetta, lo penso ma non lo dico, sono tipi strani non vorrei che fraintendessero.
La mia bici se la prende il bevitore di birra, salgo nell’unico posto libero, ovviemante quello dietro.
Pochi attimi e sono portato via dal magnifico movimento sincrono, a fianco il bevitore di birra che imperterrito continua a bere birra a ruttare a volte lo vedo impennare per lunghi tratti anche quando la strada prende a salire.
Osservo quello che accade, dimentico di pedalare sono in paradiso: devo solo godermi il panorama delle colline che si preparano all’autunno: il boa rosa che animato dal vento mi solletica il viso, smetto di pedalare e guardo il cielo senza più vedere il grande artigiano italico.
Mi sto per addormentare, sento la voce del baffone che mi dice suadente: ma sei sicuro di voler andare a Piacenza?...
Potresti venire con noi a Genova…

11 commenti:

ghido ha detto...

Bella questa visione molto ma molto romanzata della realtà! ma poi una volta, se mi offrite una birra, vi racconto come sono andate davvero le cose (e quanto abbia ronfato l'Autore ala partenza...)

Anonimo ha detto...

...e che certe accellerazioni a freddo mi stancano, mi affaticano...il mio motto potrebbe essere mai sopra i 40! Ovviamente insieme a mai più di 25!!!


ema

Anonimo ha detto...

...e che certe accellerazioni a freddo mi stancano, mi affaticano...il mio motto potrebbe essere mai sopra i 40! Ovviamente insieme a mai più di 25!!!


ema

Anonimo ha detto...

...e che certe accellerazioni a freddo mi stancano, mi affaticano...il mio motto potrebbe essere mai sopra i 40! Ovviamente insieme a mai più di 25!!!


ema

Anonimo ha detto...

Ma sei sicuro d'aver incorporato la zucchina dalla parte giusta?

Andrea

Anonimo ha detto...

..purtroppo nel quarto cerchio accadano strane, temo che la zucchina del racconto sia stata incorporata per vie non ordinarie...

ema

Bob ha detto...

Non è più stagione di zucchine..

Anonimo ha detto...

...la zucchina trombetta ha un suo rigoglio tardivo: si tratta di zucchina ligure!

ema

cochese ha detto...

lunga vita alla zucchina ligure!!

Anonimo ha detto...

lunga vita al "badalucco"

lukegps

Chicco27 ha detto...

Grazie Ema.

Spero tu faccia presto un'altra GF, fra poco finisco Gomorra e non ho più niente di interessante da leggere.

bye Chicco