06 settembre 2010

ANDARE A FONDO

Me lo dissero in molti “ma che ci vai a fare?”, e io lì muto e interdetto; e che ne so io mica posso sapere tutto, se sapessi tutto farei il cartaro, ma sapendo di non sapere quasi nulla (la cultura classica ormai digerita ed evacuata da molto tempo) mi dedico ad azioni inutili, insensate a volte autolesionistiche.
La prima domenica di settembre si è consumata in un’esperienza antropologica di alto valore conoscitivo: la mia prima, e forse ultima, gran fondo.
Si tratta di una manifestazione con un suo blasone.
Già l’iscrizione avrebbe dovuto farmi capire che l’impresa era per me titanica: il primo segno non colto.
Mi informo presso l’organizzazione se è conteplata l’iscrizione baratto, ero disposto a portare un paio di kg di zucchine trombette ingaune al sindaco di Piacenza, al Presidete della Provincia di Piacenza e s eproprio serviva pure a Vasco l’Errani eh, ero disposto ad arrivare anche a 4/5 pomodori cuor di bue da portare al sig Colnago (grande artigiano delle biciclette, così lo speaker lo ha presentato mentre milioni di miliardi di umani scoreggioni attendevano bestemmiando di partire per l’agognata gran fondo).
Ho insistito ma mi hanno detto che l’iscrizione baratto non è più in uso dal tempo dei dinosauri, ho dovuto deflette e rassegnarmi ad un più moderno fax.
Secondo segno: il pacco gara. Non resisto alla tentazione di capire il senso del contenuto del pacco gara.
Appena me lo consegnano lo svuoto alla ricerca dell’oggetto totem: il profilattico. Nulla! Nulla di nulla! Dovrei intuire che ci sono gare dove si ciula e gare dove si è ciulati: sono sottigliezze che l’ardore agonistico mi impedisce di cogliere.
Però nel pacco ci sono oggetti strani e colorati. Piccoli contenitori sigillati uno dal bel colore giallo paglierino, l’altro invece rosso intenso con profonde sfumature bordeaux. Ci penso, ed inzio ad entrare nello stato agonico che accompagna certe esperienze terminali.
Rovisto compulsivamente alla ricerca di un cucchiaino, non lo trovo, sbuffo un sospiro di sollievo, non sono ad un raduno di eroinomani impenitenti che ancora dopo decenni non riescono ad abbandonare il Parco Lambro alla sua naturale deriva.
Inizio allora a gurdare la cartina del percorso: distanze, altimetrie, tabelle orarie, si ci sono anche le umilianti tabelle orarie, si quelle tabelle, che tutte le gare dei pro dispensano a giornalisti e addetti ai lavori: se fai la media X arrivi all’ora Y, se fai la media Z arrivi all’ora Y. Bene le colonne sono 4: 20/30/35/40km/h. Capisco, ho il secondo approfondimento nell’orrore dell’insensato. Anche provando a lavorare di fantasia non riesco a collocarmi.
Tremo, mi spauro, ma vado avanti.
Capisco che le boccette una rossa e l’altra gialla sono per la WADA, loro ti telefonano ti chiedono di fare dei controlli e quelli dell’organizzazione che sono precisi, efficienti, siamo in Emilia, amano i loro granfondisti hanno già approntato la giusta fialetta da dare al solerte funzionario.
Mi scopro squassato da singulti di gratitudine e poi immagino, ma ormai sono entrato nel terzo livello di depravazione, l’anticamera del delirio, che alle ore 9, mezz’ora prima della partenza, quando ormai circa 3000 persone sono ammassate come bovini al macello, compaia, sul palco, un signore vestito in doppio petto grigio e cravatta di Marinella con un copricapo tibetano in testa annunciando che la partenza è posticipata di due ore per dare tempo ai suoi assistenti di prelevare alcuni campioni organici per il controllo antidoping. Un fuggi fuggi, tutti che corrono e urlano cercano le chiavi della macchina per reperire le preziose fialette dono della munifica organizzazione, i singulti si spampanano in un riso incontrollato, la bocca si squarcia, mi accorgo che devo liberarmi di un peso.
A passo lesto guadagno la via dei bagni: l’apocalisse, si entra nel mondo allucinato di un coprofilo.
Sembra che nei bagni ci sia stata la convention dell’associazione cammelli incontinenti.
Scappo urlando come un ossesso, prontamente l’organizzazione allerta il 118: gli spiego la storia delle fialette e poi quella dei cammelli, il medico alza gli occhi al cielo, cristona in abruzzase e mi fa una flebo.
Pochi minuti e mi sento già meglio, sento che posso vincere riprendo la mappa con la tabella delle velocità me la rollo sul piazzale della fiera e me la fumo tutta con grande piacere.
Il parcheggio della fiera è un brullicare di persone, mezzi parcheggiati ovunque, il danno economico per la città deve essere notevole: il luogo più amato dagli amanti dell’amore mercenario occupato da uomini semi nudi, per nulla interessati alla passera a pagamento, ma tutti presi dal cospargersi olii miracolosi. Il pacco gara contiene anche questo, olio miracoloso, te lo spalmi e vai più forte, più te ne spalmi, pensa l’uomo agonico, e più vai forte. I risultati sono notevoli, sembra un ritorno alle origini, tutti ad Olimpia e vinca il migliore. Ma il pacco gara mi ricorda che la bicicletta va anche pulita, evvabbè dico io, che sarà mai, in preda al terzo livello di abiezione leggo “Una bicicletta pulita e lucidata offre meno attrito all’aria, si presenta meglio e dura più a lungo”. Leggo e rileggo per dieci volte la stessa frase, come un mantra, poi decido di rollarmi anche il depliant pubblicitario, nel bagno intasato della fiera, entro nel quarto anello dell’orrore…esco dal bagno, il mozzicone del depliant ancora fumante fra le labbra ed inzio ad urlare, meno attrito, meno attritooooooooooooooooooooooooooooooooooooo. Pochi attimi e cado a terra in deliquio, mi sveglia l’aliena parlata del medico abruzzese, mi risiringa, sono ormai pronto.
Mi appresto ad entrare in griglia ormai sono le 9 passate, davanti ai miei occhi un serpentone umano, si vocifera che i primi, quelli in testa, stiano lì dalle 5 del mattino. Alcuni fraternizzano, nascono degli amori, scambi di fluidi, si socializza.
Mi agglutino alla varia umanità disorientata dopo qualche minuto sento una sonora bestemmia, segno di virile potenza che mostra la rabbia indomita per l’onore violato: “ma dove mi fanno partire?!” e giù giaculatorie.
Quando mi trovo nel quarto livello dell’orrore sono attraversato da sentimenti ed emozioni rapidamente cangianti. Vorrei baciare sulla bocca l’energumeno e poi strappargli la lingua a morsi, aprirgli la capoccia a martellate, parlare con lui di tantrismo e mistica sufi, sodomizzarlo con una forcella in acciaio, ah trovarne una!!!, chiedergli del capo ufficio che gli fa fare sempre tardi e che anche la domenica mattina lo ha obbligato a fare quelle fotocopie così importanti.
Mi concentro sull’evento aspetto lo starter alzo gli occhi al cielo e vedo il volto del signor Colnago che mi sorride, gli sorrido, lo apostrofo con un smbolico buffetto artigianaccio del tubo, abbasso gli occhi distratto dalla voce gutturale del medico abruzzese, è un’attimo, mi risiringa cercando di prevenire un mio nuovo attacco. Mi sento meglio.
Pronti via la gara è partita, ma l’inerzia di 4000 persone fa si che intorno a me nulla cambi.
…allora cerchiamo di stare insieme fino alla prima salita, dico ai miei compagni di avventura.
Il flusso si muove, faccio per agganciare il piede destro, il sinistro già era saldamente ancorato allo speedplay, un paio di pedalate, mi sistemo sulla sella, controllo a vista il cambio, gesto scaramantico, alzo gli occhi per vedere se il sig Colnago ancora mi sorride, guardo la strada davanti a me, pedalo serafico, ma ho una dispercezione: non c’è nessuno. Mi guardo intorno e sono solo. Scuoto la testa chiudo e riapro gli occhi e non vedo nessuno, sono andati via tutti, così improvvisamente. Proseguo a pedalare a bordo strada vedo una vecchina con il nipotino, mi avvicino, e le chiedo dove sono andati tutti. Lei mi guarda perplessa, poi all’improvviso arrotola il ciclofondista (anche questo, dono munifico della munifica organizzazione, si tratta di un supplemento della pubblicazione granfondo, un insieme di tabelle, numeri, date, orari, altimetrie, medie, foto arrapanti di oggetti inanimati, insomma della carta rilegata) e me lo percuote ripetutamente sul coppino, cerco di difendermi, nasce una collutazione, anche il nipote, si butta nella mischia, gli spacco alcune cartilagini, vacillo. Vengo duramente colpito, ma riesco a scappare non prima di essermi imposessato della pregevole pubblicazione: me la rollo e me la fumo in santa pace, pedalando solitario sulla tangenziale di Piacenza. Sogno di essere a Benares è bellissimo…riprendo a ridere urlando ebbro di piacere, la bici pulita offre meno attrito. Rido e aspiro, rido e aspiro sempre più forte. Ormai sono stabilmente dentro il quarto cerchio, il tempo si annulla, il principio di non contraddizione si contraddice, l’uno è trino il trino e bino.
Sono sereno e sempre più solo.
(continua, forse?!)

13 commenti:

mr. friess ha detto...

Orpo sei stato segnato!

cochese ha detto...

accidenti! dovevo esserci anche io!

spiedo ha detto...

Si Ema ti prego continua!

Anonimo ha detto...

ema non ti fermare!

lukegps

Anonimo ha detto...

ema non ti fermare!

lukegps

Anonimo ha detto...

ema non ti fermare!

lukegps

Chicco27 ha detto...

....ho interrotto apposta la lettura di Gomorra, non puoi negarmi ora la seconda parte.

bye Chicco

PS 1: ma che bestemmie dicevano esattamente ?

PS 2: per il preservativo stai sereno, mi sembra di averne avanzato qualcuno, non sarà paragonabile allo spray anti-attrito, ma anche lui c'ha la sua bella funzione.

ri-bye

tarantola ha detto...

rivoglio l'Ema di una volta.

tarantola ha detto...

rivoglio l'Ema di una volta.

BOB ha detto...

Chi ha vinto?

Ilaria ha detto...

Ecco un'altra storia interrotta che popolerà i nostri incubi! C'è un popolo di personaggi che attendono di sapere quale sarà la loro sorte!!
Firmato:
Ursula

Anonimo ha detto...

ma avevi la pistola puntata alla tempia per partecipare a un evento diquesto spessore¡'''''''' SAVANA

Carletto ha detto...

Acciderboli che esperienza, potrai raccontarla ai nipoti quando sarai nonno!