29 novembre 2008

MERDE

Mi trovo sulla tavola un formaggio comprato alla COOP. Leggo che la buccia non è edibile.
Mi incuriosisco e leggo che la scorza contiene natomicina. Il suono mi suona stridente e mi incurisisco vieppiù e cosa trovo:

La natamicina

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La natamicina è un antibiotico antimicotico a struttura polienica tetraenica, isolato dalle colture di Streptomices natalensis. La natamicina è attiva contro i microorganismi del genere Candida, Torulopsis, Rhodotorula, Aspergillus, Microsporum, Trichophyton, Epidermophyton e Scopulariopsis. Viene utilizzata in infezioni della bocca, dei piedi e dei genitali. Perché parlarne se è un farmaco?
Perché purtroppo è impiegato anche nell'industria casearia in alcuni tipi di formaggio come il provolone (non tutti i provoloni la contengono: leggere l'etichetta) ed è identificata dalla sigla E235.
La natamicina può essere applicata per immersione dell'alimento nella soluzione disinfettante oppure con spray di una soluzione che contiene da 200 a 300 parti per milione di additivo (200-300 mg per litro). La normativa europea richiede che la natamicina non sia presente a una profondità superiore ai 5 mm sotto la crosta: mezzo centimetro è comunque un margine di sicurezza insufficiente perché spesso la crosta del formaggio che si scarta ha uno spessore di soli 2-3 mm.
Notiamo che l'uso della natamicina ha praticamente solo fini estetici per evitare che la crosta presenti muffe o colori disomogenei e si presenti liscia e uniforme. Il suo impiego risulta pertanto ulteriormente ingiustificato.
È nociva come additivo? – La natamicina è stata utilizzata prevalentemente come farmaco topico per uso esterno (dermatologia, oculistica) e quindi, a parte rarissimi casi di allergia, non ha mai dato grandi effetti collaterali. Sono usciti recentemente farmaci antimicotici in compresse a base di natamicina (Natacyn in compresse), ma è troppo presto per verificare gli effetti indesiderati. In letteratura si trova che per dosi da 5 a 8 mg/kg (300-400 mg per un adulto, una dose nemmeno tanto elevata) i principali effetti collaterali sono nausea, vomito e diarrea.
Il problema è però nell'usare un farmaco come additivo. Se la natamicina è giustificato come farmaco, non lo è come additivo. Infatti molti medici hanno sollevato il problema della resistenza contro questo antibiotico da parte dei batteri che vengono in contatto con esso. In altri termini, il suo impiego nell'industria alimentare ne riduce di molto la portata come farmaco perché i batteri che dovrebbe sconfiggere sono diventati resistenti a esso a causa del contatto prolungato nel tempo attraverso i cibi.

Uno dei problemi che abbiamo come umani è che gli antibiotici sono sempre più inefficaci perché ne facciamo un uso abnorme. I batteri mutano più rapidamente della nostra capacità di fronteggiarli. E ci permettiamo pure di usarli per usi impropri.
Che dire, occhio alla buccia e tagliatene un bel pezzo, è uno spreco certamente ma almeno evitate di ciucciarvi quote non dovute di antibiotici.

4 commenti:

mr. friess ha detto...

grazie ema, non c'è limite all'ingnoranza in cui siamo immersi, d'ora in avanti leggerò meglio le etichette dei formaggi.
Meno male che la coop dovrebbe essere
meglio di altre catene dio super...

ghido ha detto...

Trovo il post di Ema oltremodo interessante, ed essendo il mio campo di lavoro, non posso non replicare.
Per prima cosa mi piacerebbe sapere perché viviamo in un mondo pieno di tecnologia che ci troviamo dispensata in tutti i campi e che ci piace al punto che facciamo la fila (almeno molti lo fanno) per l’ultimo telefonino ma quando ritroviamo questa stessa tecnologia nei nostri alimenti la stessa tecnologia non va più bene. Ragazzi, vi svelo una cosa: le schifezze di alimenti che mangiamo ai giorni mostri sono gli alimenti più sicuri di cui la nostra specie si sia cibata dall’alba dei suoi giorni! Questa è una verità inconfutabile! Aggiungo: fatto 100 il totale delle malattie alimentari, tra il 90 ed il 95% sono sostenute da batteri e di tutte queste più della metà è dovuta non agli alimenti in sé, ma alle scorrette pratiche di gestione domestica degli stessi (la massaia tanto brava forse non è poi così tanto brava se maneggia la carne cruda e poi gli altri alimenti senza lavarsi le mani…). Le contaminazioni chimiche (su cui ho fatto un dottorato e ricerca per circa dieci anni) non sono certo il problema maggiore degli alimenti (nel mio interesse dovrei aggiungere purtroppo).
È vero, è strano (e concettualmente non corretto) pensare di utilizzare un farmaco come additivo alimentare, ma esiste una lista positiva di additivi (se volete vi passo i riferimenti legislativi) per entrare a far parte dei quali una molecola deve passare al vaglio di varie commissioni e comitati di esperti. I casi in letteratura che cita Ema sono stati certamente vagliati da esperti. Se vuoi la prossima volta mi mangio un paio di etti di quella crosta! A meno che non ti riferisca al film plastico/paraffinato che avvolge il provolone…Li sfido chiunque a mangiarla!!
Ma cosa preferireste? Che ci crescessero le muffe sul formaggio? Che ci crescessero delle muffe produttrici di micotossine? Sapete che l’aflatossina M1 (prodotto definibile come “naturale”) è il cancerogeno più potente che si conosca?
Veniamo a quello che è il vero problema della questione, ovvero quello delle antibiotico resistenze:
la natamicina è un antifungino di base, credo non abbia una grande attività antibatterica tale da determinare forti pressioni selettive sui batteri, inoltre per essa non ci sono forme di trasmissione della antibiotico resistenza di tipo plasmidico.
LA tua preoccupazione per le ABresistenze è comunque sacrosanta, ma ti sei posto lo stesso problema quando vedi che ormai in tutti i saponi e detergenti sul mercato sono pubblicizzati come “con antibatterico”? Veniamo poi alle preoccupazioni dei medici per ABresistenze: perché a tanti pirla di medici vengono solo quando si parla di alimenti, di animali o di veterinari? Forse che non ne sanno una mazza di tutti questi argomenti (soprattutto di alimenti)? Perché continuano a prescrivere antibiotici alla cieca per banali influenze? Perché la scorsa settimana ho sentito un pediatra dire alla madre “se la febbre non passa dopo tre giorni somministrare l’antibiotico”? E la diagnosi? E un antibiogramma?

Unknown ha detto...

Sai che il problema della resistenza agli antibiotici me lo sono posto due ann fa, lavorando all'OSpedale di Bergamo. Ecco sentendo parlare i microbiologi mi si è aperto un mondo. loro erano, e penso sono, molto preoccupati. Si trovano a gestire casi senza avere più farmaci utilizzabili.
Rispetto alla pediatra, ecco lì sarei per un campo di rieducazine di tipo staliniano. I pediatri moltissimi ma non tutti (la mia solo dopo il 3/5 giorno di febbre introno ai 39° inizia a mouversi, in genere tamponia studio e se non basta antibiogramma, in 4 anni la Mat ha fatto un solo ciclo di antibiotico, forse è solo culo, o forse no) fanno quello che al momento ha il migliore risultato: "curare ilsintomo del bambino" e levarsi dai maroni le madri ansiose.
Forse tu Ghido, lavorando sul versante della ricerca vedi i rischi con più lucidità. Il mio quesito è: quanto ilsistema sicuro che tu enunci potrebbe essere attenuato, mantenendo la sicurezza, e riducendo l'utilizzo di tecnologie forse utlili per la sicurezza, ma forse a sostegno di processi produttivi piuttosto "ciechi"? Non ho nessuna competenza magari dico delle assurdità.
Allora me la mangio tranquillo la crosta?, e se poi mi cresce un terzo pisello :-0

ghido ha detto...

Sei stato veramente fortunato con il pediatra, praticamente una mosca bianca.
Quello che poni è un quesito veramente D I F F I C I L E!!!! ai limiti dell'impossibile. Di certo per poter abbassare la tecnicizzazione (che ribadisco non è un male in sé) sarebbe necessaria maggiore consapevolezza dei pericoli e dei relativi rischi da parte di tutti i soggetti coinvolti (gli stakeholders anglosassoni).
Ti faccio un esempio: i giapponesi vanno pazzi per il fugu, ovvero i velenosissimi pesci palla, da loro si può fare perché chi produce (essenzialmente i cuochi che tolgono le ovaie correttamente) sa gestire il pericolo ed il consumatore è informato del rischio. Con operatori e consumatori non preparati sarebbe una strage assicurata!